15 maggio 1948: il giorno della nakba (catastrofe in arabo). In seguito alla vittoria della guerra scatenata dalla entità sionista (Israele), decine di villaggi palestinesi vengono distrutti e circa 700mila palestinesi sono costretti a lasciare le proprie case e diventare profughi di guerra. Viene instaurato un regime di occupazione militare particolarmente opprimente, da continui espropri e dalla colonizzazione abusiva delle terre, da espulsioni individuali e di massa che, nel corso dei decenni, hanno prodotto una quantità tale di profughi che, ad oggi, metà del popolo palestinese vive al di fuori dei cosiddetti “Territori occupati”.
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Nakba: una data che l’imperialismo vorrebbe far cadere nell’oblio
Il 15 maggio 1948 è una data chiave per il popolo palestinese, l’inizio della Nakba (catastrofe), coincidente con la proclamazione dello Stato di Israele, avamposto dell’imperialismo occidentale in terra araba.
In realtà in Palestina l’ideologia sionista aveva dal primo momento dell’occupazione della Palestina (verso la fine del 1920) fatto ricorso a pratiche terroristiche, sfociate in un vero e proprio genocidio nel ’47-’48 con assassinii di massa, gli arresti e le torture o le punizioni collettive.
A 72 anni tenere viva la memoria significa anche evidenziare la situazione attuale della Palestina.