«Il fascismo si può combattere soltanto in quanto capitalismo, in quanto forma più nuda, più sfacciata, più oppressiva e più traditrice del capitalismo»
Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, che si lamentano della barbarie che proviene dalla barbarie, sono simili a gente che voglia mangiare la sua parte di vitello senza però che il vitello venga scannato. Coloro che sono contro il fascismo senza essere contro il capitalismo, che si lamentano della barbarie che proviene dalla barbarie, sono simili a gente che voglia mangiare la sua parte di vitello senza però che il vitello venga scannato. Vogliono mangiare il vitello, ma il sangue non lo vogliano vedere. Per soddisfarli basta che il macellaio si lavi le mani prima di servire la carne in tavola. Non sono contro i rapporti di proprietà che generano la barbarie, ma soltanto contro la barbarie. Alzano la voce contro la barbarie e lo fanno in paesi in cui esistono bensì gli stessi rapporti di proprietà, ma i macellai si lavano ancora le mani prima di servire la carne in tavola.
Bertolt Brecht è stato poeta militante, drammaturgo, regista teatrale, compositore e saggista, fra i più noti della storia tedesca del Novecento. Esempio di quello che Gramsci chiamava “intellettuale organico” e grande compagno, insignito del Premio Lenin per la Pace nel 1954. I suoi versi suonano ancora più che mai attuali.
Chi sta in alto dice pace e guerra
Sono di essenza diversa. La loro pace e la loro guerra son come vento e tempesta. La guerra cresce dalla loro pace come il figlio dalla madre. Ha in faccia i suoi lineamenti orridi. La loro guerra uccide quel che alla loro pace è sopravvissuto.
Generale
Generale, il tuo carro armato è una macchina potente Spiana un bosco e sfracella cento uomini. Ma ha un difetto: ha bisogno di un carrista. Generale, il tuo bombardiere è potente. Vola più rapido d’una tempesta e porta più di un elefante. Ma ha un difetto: ha bisogno di un meccanico. Generale, l’uomo fa di tutto. Può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare.
Al momento di marciare
Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico.
Quando la guerra comincia
Forse i vostri fratelli si trasformeranno e i loro volti saranno irriconoscibili. Ma voi dovete rimanere eguali. Andranno in guerra, non come ad un massacro, ad un serio lavoro. Tutto avranno dimenticato. Ma voi nulla dovete dimenticare. Vi verseranno grappa nella gola come a tutti gli altri. Ma voi dovete rimanere lucidi.
Prendi nota sono arabo carta di identità numero 50.000 bambini otto un altro nascerà l’estate prossima. Ti secca? Prendi nota sono arabo taglio pietre alla cava spacco pietre per i miei figli per il pane, i vestiti, i libri solo per loro non verrò mai a mendicare alla tua porta. Ti secca? Prendi nota sono arabo mi chiamo arabo non ho altro nome sto fermo dove ogni altra cosa trema di rabbia ho messo radici qui prima ancora degli ulivi e dei cedri discendo da quelli che spingevano l’aratro mio padre era povero contadino senza terra né titoli la mia casa una capanna di sterco. Ti fa invidia? Prendi nota sono arabo capelli neri occhi scuri segni particolari fame atavica il mio cibo olio e origano quando c’è ma ho imparato a cucinarmi anche i serpenti del deserto il mio indirizzo un villaggio non segnato sulla mappa con strade senza nome, senza luce ma gli uomini della cava amano il comunismo. Prendi nota sono arabo e comunista Ti dà fastidio? Hai rubato le mie vigne e la terra che avevo da dissodare non hai lasciato nulla per i miei figli soltanto i sassi e ho sentito che il tuo governo esproprierà anche i sassi ebbene allora prendi nota che prima di tutto non odio nessuno e neppure rubo ma quando mi affamano mangio la carne del mio oppressore attento alla mia fame, attento alla mia rabbia.
Mahmud Darwish
(traduzione dall’arabo di Wasim Dahmash)
Quando scrisse questa poesia, Mahmoud Darwish era un giovane poeta arrabbiato che viveva a Haifa. È rivolta a un funzionario immaginario della burocrazia ed è anche un’esortazione che il poeta fa a se stesso a scrivere dell’esperienza vissuta dalla sua comunità. Gli arabi che vivevano in Israele erano controllati dal Military Government, istituito nel 1948 (e abolito da Moshe Dayan nel 1966) e per ogni ambito della vita civile: dalla registrazione di una nascita al viaggiare al di fuori del luogo in cui si abitava, era richiesto un documento firmato dal governatore militare. Nato nel 1941 nel villaggio di El-Birweh (in seguito sito di Moshav Ahihud e Kibbutz Yasur), fuggito con la sua famiglia, sbarcò nel 1947 in Libano. Tornati in Galilea tirarono avanti come stranieri a Dir al-Assad. Darwish aderì all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina e diventare il poeta nazionale palestinese.
Per ricordare la figura di un partigiano e dirigente antifascista
riceviamo e volentieri pubblichiamo dal Centro di Documentazione Gino Menconi
Negli anni della giovinezza aveva militato nel Partito repubblicano. Nel 1926, quando s’instaurò la dittatura fascista, Menconi decise di lasciare i repubblicani, per continuare nelle file del Partito comunista la lotta contro il fascismo. Espatriato in Francia, Gino Menconi fu mandato per due anni alla “Scuola leninista” di Mosca. Tornato a Parigi, vi rimase giusto il tempo di entrare a far parte dell’apparato clandestino comunista, che lo destinò al lavoro d’organizzazione in Italia. Menconi, arrivato clandestinamente a Napoli, si mise subito ad organizzare la diffusione di fogli illegali come L’Operaio Bolscevico, La Scintilla, Falce e Martello. Finito nelle mani della polizia con un gruppo di altri comunisti napoletani e deferito, era il 1931, al Tribunale speciale, il dirigente comunista fu condannato a diciassette anni di carcere. Ne uscì, per amnistia, sei anni dopo, ma fu subito confinato nell’isola di Ponza che lasciò soltanto dopo due anni, per essere posto in libertà vigilata. Nel 1940, con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, nuovo arresto per Gino Menconi e nuovo internamento a Ventotene. Nell’agosto del 1943, con la caduta del fascismo, Menconi riacquista la libertà e riprende l’azione politica. Al momento dell’armistizio, il dirigente comunista si trova a Firenze. Vi organizza subito la lotta armata contro i nazifascisti e passa poi nel Parmense dove, nell’agosto del 1944, con il nome di “Renzi”, diventa comandante della “Piazza” di Parma. Il 14 ottobre “Renzi” si reca a Bosco di Corniglio per una riunione di comandanti partigiani. Il 17, il gruppo è sorpreso, in seguito a delazione, da un reparto di SS germaniche. Menconi non riesce a mettersi in salvo. Spara sino all’ultima cartuccia poi, già gravemente ferito, lancia la sua arma contro i nazisti. I tedeschi lo catturano, lo adagiano su una branda che si trovava nel locale della riunione, ma non lo fanno per curarlo: legano al letto il ferito, lo irrorano di benzina e lo fanno morire tra le fiamme. Anche quest’anno ricordiamo la figura di questo partigiano e dirigente antifascista. In un momento storico grave: con il governo italiano nelle mani dell’estrema destra e il rischio di una nuova guerra mondiale nucleare. Ricordiamo Gino Menconi nell’anniversario della sua morte facendo nostri i suoi insegnamenti di lotta e di unità delle forze antifasciste, di riscatto delle classi popolari e di speranza in un mondo migliore.
Ritrovo in via Gino Menconi, 25 ad Avenza (circolo ARCI) lunedì 17 ottobre alle ore 18
Onore a Gino Menconi!
W la Resistenza, No alla guerra, Opposizione al governo dei neofascisti!
– ore 18.30 al Circolo “Partigiani sempre”, via del Terminetto 35 – Viareggio, presentazione del libro “La Volante rossa” di Carlo Guerriero e Fausto Rondinelli.
Partecipa all’iniziativa Massimo Recchioni, autore della prefazione del libro.
– ore 20.30 cena sociale
“A 25 anni dalla sua prima edizione, il libro è rivisto e aggiornato in alcuni contenuti e nelle conclusioni. L’intento è raccontare, senza pregiudizi e indulgenze, un frammneto della nostra storia recente, rilanciando la discussione sia sulla vicenda della Volante Rossa, sia sulla Resistenza e gli obiettivi etici e politici, in una sua parte politicizzata. Infine il libro rivendica la pratica della Memoria come antidoto alle odierne derive.”
Samih al-Qasim nacque l’11 maggio 1939 da una famiglia drusa nella città di Zarqa in Giordania. Suo padre, Muhammad al-Qasim al-Hussein, era del villaggio di al-Rama nell’Alta Galilea. Sua madre era Hana Shihadeh Muhammad Fayyad. Aveva quattro fratelli: Rasim, Sa’id, Sami e Mahmud e due sorelle: Shafiqa e Sadiqa. Lui e sua moglie, Nawal Salman Hussein, avevano quattro figli: Muhammad, Waddah, Umar e Yasir.
Il muro del canto è un gruppo romano fondato nel 2010.
Pur provenendo da generi musicali diversi, i componenti del gruppo hanno saputo sviluppare un proprio stile che attinge alla tradizione popolare romana ed al rock con pennellate scure che attingono dalla dura vita quotidiana delle borgate.
La voce profonda di Daniele Coccia, il cantato in romanesco con chiari riferimenti al folk e l’uso della fisarmonica di Alessandro Marinelli caratterizzano uno stile personale e ormai maturo.
Victor Jara nasce a Lonquen, una piccola città nei pressi di Santiago, in Cile, da una famiglia di contadini. Dopo alcuni anni di matrimonio, suo padre li abbandona e la madre, Amanda, si ritrova a dover crescere da sola Victor e i suoi fratelli e sorelle. È una donna ottimista e molto forte: lei stessa cantante, insegna a cantare e a suonare la chitarra anche a Victor, e avrà una grande influenza sul suo futuro stile musicale. Amanda muore quando Victor ha solo 15 anni: egli allora entra in seminario, ma dopo soli due anni ne esce per andare ad arruolarsi nell’esercito, dove rimane per alcuni anni. Al suo ritorno a Loquen, Victor inizia a studiare la musica popolare cilena e ad interessarsi di politica. Si esibisce in pubblico sempre più spesso, e nel 1966 esce il suo primo disco intitolato semplicemente “Victor Jara”. “Manifiesto”, “Vientos del pueblo” e “El derecho de vivir en paz”, questi alcuni dei brani che lo consacreranno, specie l’ultimo divenuto emblema della musica folcloristica cilena nel mondo. Continua a leggere “Victor Jara, una chitarra ed una voce per il popolo cileno”
Nazım Hikmet è stato uno dei più importanti poeti moderni della Turchia. Nato a Salonicco il 20 novembre del 1901 in una famiglia aristocratica, inizia a scrivere le prime poesie a soli quattordici anni. Durante la guerra d’indipendenza turca aderisce al partito nazionalista turco di Ataturk, abbandonandolo però quasi subito. A seguito della sua denuncia del genocidio armeno, è costretto ad espatriare in Unione Sovietica, dove approfondisce la rivoluzione bolscevica e inizia a leggere Marx. È proprio in questo periodo che Hikmet diventa comunista e conosce alcune personalità importanti della russia sovietica, tra cui Lenin, Esenin e Majakovskij. Ritorna in Turchia nel 1928 e dopo essersi iscritto al Partito Comunista Turco, viene condannato per affissione irregolare di manifesti politici. Passa cinque anni in carcere per poi essere amnistiato nel 1935.
È considerato il poeta della Rivoluzione, fu interprete della cultura russa post rivoluzionaria.
Majakovskij è un poeta moderno perché non ha rimpianti per il mondo che cade, per l’arcadia. Tutta la sua opera, dai lavori teatrali ai versi d’occasione più immediata, partecipa di questo carattere combattivo e mordente. Egli concepiva il poeta attivamente inserito nella nuova società sorta dalla rivoluzione e odiava gli atteggiamenti mistici, ispirati.
Nel 1908 entra a far parte del Partito bolscevico: la sua voce di basso precoce e l’atta statura servono a nascondere la sua età: ha solo quindici anni! Ed è in carcere, dove viene rinchiuso l’anno seguente e dove rimane per sei mesi, che egli incomincia a scrivere versi: ne riempie un intero quaderno: «Un grazie ai guardiani: all’uscita me l’hanno sottratto, altrimenti l’avrei pubblicato!»