Avvistati, abbandonati al naufragio… e annegati a pochi metri dalla riva
Contro i migranti una lunga striscia di stragi IMPUNITE. L’ultima, questa di Steccato di Cutro in Calabria: oltre 79 le Vittime, tra cui 33 bambini; ovviamente, questi, sono di serie ‘B’. L’occidente ‘vive’ e descrive i migranti come minaccia alla propria sicurezza e ha buon gioco a mobilitare contro di loro il demone del razzismo e della xenofobia. Imprenditori o, meglio, i ‘prenditori’ di settori come il turismo, l’agricoltura e, persino, l’industria, hanno bisogno di 200.000 stranieri da assumere. Solo in Toscana, tra agricoltura e turismo, di migranti da impiegare e supersfruttare gliene occorrono da 8 a 10 mila. Il capitale li umilia, li opprime, li uccide… e per continuare ad arricchirsi ha estremo bisogno delle loro braccia e dei loro corpi. Per mantenere il proprio dominio e potere, se ne serve al fine di dividere il proletariato e le masse popolari scatenando una mobilitazione reazionaria per attuare un regime sempre più autoritario e oligarchico. Sino a quando?
Mentre il presidente del Senato Ignazio La Russa è in visita ufficiale nell’entità sionista il suo primo ministro Benjamin Netanyahu, dalle mani grondanti di sangue palestinese, sarà in Italia il 9 marzo. Tanti i dossier sul tavolo: dall’energia, con il progetto del gasdotto Eastmed su cui Edison ha chiesto al governo un sostegno esplicito, alla guerra in Ucraina, dalla “lotta all’antisemitismo” nei giorni scorsi l’ambasciatore israeliano Alon Bar ha incontrato il prefetto Giuseppe Pecoraro, nominato coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo dal presidente Meloni, dalla “cooperazione industriale, tecnologica e scientifica” a quella militare. A tal proposito, a dicembre, in occasione di un incontro tra Adolfo Urso, senatore di Fratelli d’Italia e ministro delle Imprese e del Made in Italy e l’ambasciatore israeliano Bar, era stato attivato il gruppo di lavoro per “migliorare la cooperazione industriale”. La borghesia sionista italiana compie il suo rituale di riconoscimento e sostegno all’entità sionista, la cui accelerazione verso la forma-Stato fascistoide, ma sempre spacciata per unica democrazia del medio-oriente, sta provocando anche una seria crisi “interna” con manifestazioni oceaniche contro il progetto di legge in corso di approvazione per subordinare la magistratura al governo. Vorremmo però che fossero le cifre a parlare: per quanto riguarda l’occupazione della Palestina solo da inizio anno, sono più di 70 i palestinesi uccisi dall’esercito sionista, centinaia quelli incarcerati, migliaia i feriti. Solo negli ultimi giorni, coloni israeliani hanno effettuato pogrom a sud di Nablus e nella città di Huwara, incendiando mezzi e case con all’interno civili indifesi; ministri israeliani (come Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir) si sono espressi con incitamenti a crimini di guerra e a favore della “cancellazione” di Huwara “dandola alle fiamme”. Il parlamento israeliano ha reintrodotto la pena di morte, ma solo per i Palestinesi prigionieri, accusati e condannati per atti di resistenza che hanno comportato uccisioni. Questo il portato della visita del premier dell’entità sionista alla sua omologa italiana, entrambi in continuità con i precedenti governi, ma decisi a trarre ulteriore profitto dalle vicende della guerra in Ucraina e a consolidare la penetrazione del sionismo in Italia con il suo bagaglio di sistemi avanzati di controllo e repressione delle masse, sperimentati sulla pelle dei palestinesi. A fronte di tutto ciò, continua indefessa la resistenza del popolo palestinese, nel totale e assordante silenzio internazionale, la borghesia incassa la mancanza di sostegno da parte delle classi subalterne e la loro incapacità di inquadrare la lotta al progetto sionista come lotta all’imperialismo. Tocca a noi invertire la rotta, ripristinare metodi e forme efficaci di solidarietà internazionalista, pur nel complicato contesto attuale, a partire dalla lotta contro la NATO, contro il nostro imperialismo e il suo governo guerrafondaio e antioperaio.
A fianco dei lavoratori che bloccano il mercato di armi
Un anno fa lo scoppio della guerra in Ucraina tra Russia, Usa e Nato, una guerra inter-imperialista che ha trasferito sul piano militare il controllo dei mercati finanziari, delle materie prime, delle reti di trasporto. Un conflitto in atto dal 2014 che, con l’espansionismo della Nato nell’est europeo, ha prodotto un’escalation in Ucraina risvegliando focolai tra Armenia e Azerbaijan, tra Serbia e Kosovo. Una guerra che, tra sanzioni e protezionismi, ha acuito lo scenario mondiale già critico e ha prodotto un aumento dei prezzi delle materie energetiche e agricole, provocando l’impennata dei generi di prima necessità a cascata sulle precarie condizioni di vita delle classi lavoratrici e delle masse, con conseguenze sociali pesanti e la devastazione dell’ambiente già compromesso dai profitti del capitale. Le basi Usa e Nato, collocate in Italia a servizio per l’addestramento, per operazioni di spionaggio e sabotaggio – dove sono custodite e occultate armi nucleari che riducono il paese a una polveriera – e contro i popoli, coinvolgono direttamente l’Italia come potenziale bersaglio. Il governo Meloni ha raccolto il testimone del governo Draghi, totalmente allineato alla politica guerrafondaia dell’UE e della aggressività Nato, che hanno trasformato il mercato in un campo di battaglia. L’UE, oltre ad addestrare 30mila soldati ucraini, lamenta la carenza di munizioni anche perché, per inviarle in Ucraina, i paesi non riescono a mantenere le scorte nazionali, e deve fare appello all’aumento della produzione favorendo così giganteschi guadagni del complesso militare industriale. In alcuni paesi dell’UE si è riaperto il dibattito sulla leva obbligatoria; in prima fila Salvini e La Russa, ma per la Nato la migliore scelta è la creazione di una riserva di personale addestrato e abile a entrare in azione. Tutti alla corte di Zelenskij: ultimi Israele che ha offerto il sistema antimissile e un prestito da 200mila dollari e il governo Meloni con la sua visita e la tappa in Polonia per incontrare Morawiecki, alleato di Fratelli d’Italia. Per la risposta alla guerra è necessario aumentare la mobilitazione contro la Nato (come fedeli servitori sperperiamo 100 milioni di € al giorno) e l’UE, il sistema capitalista e l’imperialismo italiano che investe miliardi nelle guerre tagliandoli allo stato sociale (sanità e trasporti, istruzione e ricerca, pensioni, casa e servizi), contro l’aumento delle bollette, del carovita, dei prezzi, delle tasse. Uno Stato che, per imporre la sua politica economica, potenzia metodi e forme di repressione, si serve di linguaggi, discorsi, informazioni… per manipolare il consenso con la complicità dei partiti di servizio alla classe dominante. Organizzarsi e mobilitarsi contro un regime antioperaio e antipopolare, oscurantista e reazionario.
A fianco dei lavoratori che bloccano il mercato di armi No ad alleanze imperialiste! No alle guerre in risposta alla crisi! No alle Basi Usa e Nato
Dopo anni di governi (da Monti a Letta), all’insegna del trasformismo e dell’inciucio, fino ai governi Lega-M5S, Pd-M5S e di ‘larghe intese’ (Draghi), le elezioni del 25 settembre, partorite da un sistema truffaldino che niente ha da invidiare alla legge truffa del ’53, hanno consegnato la ‘vittoria’ a FdI. Con l’astensione al 37% e le schede bianche e nulle, i contrari alla casta politica sfiorano il 40%. Questa, la vera spina nel fianco della politica parlamentare, di maggioranza e opposizione.
La Meloni si è spesa, prima e dopo elezioni,per accreditarsi agli occhi dei vertici di Confindustria e dei grandi monopoli come degna sostituta dell’“uomo forte”, il banchiere Draghi. La Meloni si è spesa, prima e dopo elezioni,per accreditarsi agli occhi dei vertici di Confindustria e dei grandi monopoli come degna sostituta dell’“uomo forte”, il banchiere Draghi. FdI è entrato dalla porta principale come vincitore delle elezioni per un suo momento di “riscatto”, agognato da decenni: il diritto di chi “si sente fascista” di non vergognarsi né nascondersi, ma di presentarsi a testa alta. Questa legittimazione istituzionale della tradizione politica post-fascista è accompagnata da un’offensiva ideologica come la circolare anticomunista diffusa nelle scuole il 9 novembre (anniversario della caduta del muro di Berlino); un segnale che fa il paio con le dichiarazioni di esponenti istituzionali contro il 25 Aprile o al delirio nazionalista e anticomunista del governo in occasione del 10 febbraio (giornata del ricordo). Punti fondamentali di un governo sono l’economia e la politica estera. Per la Meloni sono gli stessi di Draghi e di chi lo ha preceduto.All’assemblea diConfindustria veneta ha detto:non si può distribuire la ricchezza prima di produrla e lo stato sociale viene dopo la crescita dei profitti. La ricchezza esistente è già assegnata ai miliardari e non si tocca. I lazzaroni del reddito di cittadinanza si trovino un lavoro e che il governo fa propria la visione sociale di Confindustria. Un governo di ‘ordinarietà’ capitalistica pure nella sfera politica e istituzionale: controriforme come presidenzialismo eautonomia differenziata tra Regioni, con l’accelerazione autoritaria del potere borghese. Un’involuzione reazionaria del sistema politico certificata dalgoverno più a destra della storia repubblicana, di natura sciovinista e xenofoba. Il governo di destra dovrà servire i padroni e gli sarà concesso lo stesso spazio di manovra dei governi di centro-sinistra. La destra, i diritti civili e umani, li aggredirà fino in fondo perché la guerra tra poveri e dei penultimi contro gli ultimi è parte fondamentale della sua natura ideologica e pratica. Per la destra, libertà di licenziamento e attacco al diritto all’aborto sono tutt’uno, come le scelte guerrafondaie, il servilismo a NATO/USA, il razzismo contro i migranti, la repressione e nuove leggi di polizia. Attraverso la continuità di programmi si compie ilpassaggio dal governo tecnicamente reazionario al governo reazionariamemente tecnico. Il legame tra fascismo e liberismo si consolida con la guerra. Proprio la guerra, nel DNA dell’imperialismo, stabilisce pericolosi legami con le forze più retrive e reazionarie dell’esercito, dei servizi segreti, delle forze di polizia, con i nazisti ucraini. Ogni governo borghese non può che essere peggiore del precedente, fino a quando non vi saranno: mobilitazione operaia e popolare, movimenti di massa e, in particolare, Partito comunista e sindacato di classe. Senza non può esservi risposta adeguata ai governi borghesi, alla Stato del capitale. Per uscire dalla barbarie capitalistica: lotta cosciente, collettiva e organizzata, della classe operaia e del proletariato, una fase di sviluppo di lotta rivoluzionaria per la costruzione di una società libera dallo sfruttamento e dall’oppressione.
ORA e SEMPRE Resistenza! 21 gennaio 2023 Unione di Lotta per il Partito Comunista (ULPC)
Approvata la proroga fino al 31 dicembre 2023 dell’invio di armi all’esercito ucraino
I soldi per le armi e la guerra si trovano sempre!
Il Consiglio dei Ministri ha approvato la proroga fino al 31 dicembre 2023 dell’invio di armi all’esercito ucraino, in piena continuità col governo Draghi. La risoluzione sarà approvata il 13 dicembre, giorno in cui il ministro della difesa Corsetto spiegherà in aula le motivazioni e i partiti voteranno. L’Italia è in guerra a fianco degli Usa. Le missioni Nato contro la Russia partono da Pratica di Mare, utilizzando i Gulfstream E.550 che sono basati sulla piattaforma sviluppata dall’azienda statunitense Gulfstream Aerospace, appositamente modificato e potenziato dall’israeliana Elta Systems Ltd e che hanno il compito di spionaggio. Non sono semplicemente dei “radar volanti”, ma possiedono anche compiti di “gestione” delle missioni alleate nei campi di battaglia e di disturbo delle emissioni elettroniche nemiche. Da Sigonella decollano i droni d’intelligence AGS della NATO e “Global Hawk” di US Air Force e i nuovi pattugliatori marittimi P8A “Poseidon” di US Navy e delle forze aeronavali di Australia e del Regno Unito. I dati sensibili raccolti dai “Poseidon vengono messi a disposizione delle forze armate di Kiev per pianificare le operazioni contro la Russia (esempio l’affondamento dell’incrociatore Moskva a largo di Odessa). Dal Molin Vicenza, Aviano Pordenone, Ghedi Brescia, Coltano Pisa, Camp Derby tenuta di Tombolo di Pisa, Niscemi Caltanissetta, Cameri Novara l’Italia è armata e militarizzata per gli interessi strategici del Pentagono e della NATO ma anche per i profitti e i dividendi del complesso militare-industriale nazionale e internazionale. Diventato ormai carta straccia, l’art. 11 della Costituzione anche il neogoverno reazionario e conservatore è in guerra a fianco della Nato, degli Usa della Ue in appoggio ad un governo nazista. E per farlo spende miliardi per l’invio di armi in Ucraina, per il riarmo e le missioni militari all’estero privando i cittadini di un servizio essenziale come la sanità pubblica di qualità. In tutti gli ospedali del Paese quegli eroi al tempo del coronavirus sono costretti a turni disumani per far fronte alla carenza di operatori sanitari e si allungano sempre più le attese di ricovero e le liste d’attesa per effettuare esami. Lo stesso vale per la scuola – gli studenti sono costretti a frequentare plessi scolastici fatiscenti e pericolosi – e per la ricerca. La legge di Bilancio si traduce in un ulteriore impoverimento del proletariato e delle masse popolari. I miliardi del PRNN soni destinati ad alimentare i profitti degli imprenditori e alla realizzazione di grandi opere inutili e dannose. Resta all’ordine del giorno l’unità e l’organizzazione di classe e la lotta contro lo sfruttamento e l’oppressione capitalista e imperialista per porre fine al sistema barbaro che domina.
CONTRO LA GUERRA E IL CAROVITA: GIÙ LE ARMI, SU I SALARI
Sabato 3/12 ore 14 – Roma piazza della Repubblica – Manifestazione nazionale
Il governo Meloni ci sta trascinando sempre più dentro una spirale di guerra dagli esiti imprevedibili. L’Italia è evidentemente un paese belligerante e attivo nel conflitto, nonostante la grande maggioranza della popolazione sia contraria alla guerra e al conseguente forte aumento delle spese militari. Per sostenere queste ultime, ci si chiede di aderire a una economia di guerra che si colloca in piena continuità con l’operato del precedente governo Draghi, e più in generale con tutti gli esecutivi che in questi anni ci hanno chiesto di pagare con l’austerità i costi di crisi che non abbiamo creato né voluto. Mentre i salari, le pensioni, i redditi da lavoro e gli ammortizzatori sociali sono al palo da anni, il fortissimo aumento dei prezzi per tutti i beni e servizi essenziali produce un peggioramento generalizzato delle condizioni di vita. Ormai arrivare a metà del mese è un problema, altro che alla fine… E in questo contesto è inaccettabile che la gran parte dei sostegni vada alle grandi imprese! Altro che flat tax, taglio del cuneo fiscale, cancellazione del reddito di cittadinanza e riduzione dei servizi pubblici, controriforma della scuola e ulteriore taglio della sanità pubblica: serve che si colpiscano i grandi profitti e i patrimoni accumulati per decenni. Le risorse ci sono, come dimostra la vicenda dei 40 miliardi di extraprofitti ottenuti con la speculazione sul prezzo del gas, e vanno messe a disposizione di salari, pensioni e per aumentare il reddito degli strati sociali più colpiti dalla crisi, in primis i precari e i disoccupati. Anche le promesse avanzate nei mesi scorsi sul tema della conversione ecologica si sono tradotte in progetti di installazione di nuovi rigassificatori e inceneritori in diversi territori, utili al business dei soliti noti e non certo alla salvaguardia dell’ambiente. Si ricomincia a parlare di grandi opere inutili (come il Ponte sullo stretto), mentre scuole, università, strutture sanitarie, territori stravolti dal dissesto idrogeologico, dal cambiamento climatico e dalla speculazione cadono e franano letteralmente in testa alle persone che li attraversano. In poche settimane, il nuovo governo ha già pienamente svelato la propria natura reazionaria, con l’attacco ai diritti e alle agibilità democratiche, la criminalizzazione degli immigrati e un ulteriore inasprimento della repressione del conflitto sociale e sindacale, come dimostra l’introduzione nel Codice penale del reato di occupazione abusiva e raduni illegali che rafforza e generalizza le norme repressive già esistenti. Dai posti di lavoro alle scuole e alle università; dai movimenti per la difesa dell’ambiente alle realtà sociali e sindacali indipendenti e conflittuali: è ora di dire basta!
SI Cobas Unione Sindacale di Base Sindacato Generale di Base Confederazione Unitaria di Base
La guerra in Ucraina, la crisi economica e il grande caos mondiale in arrivo
La guerra in Ucraina, la crisi economica e il grande caos in arrivo
riceviamo e volentieri pubblichiamo
APPELLO PER UNA CONFERENZA POLITICA DI CLASSE
La guerra in Ucraina, la crisi economica e il grande caos mondiale in arrivo. Che fare? Dall’inizio del secolo è in corso una sequenza inarrestabile di guerre, recessioni produttive, tracolli finanziari, catastrofi climatiche, emergenze sanitarie, che configura una crisi senza precedenti del modo di produzione capitalistico, in caotico avvitamento su sé stesso. Nell’ambito di questo processo lo scoppio della guerra in Ucraina tra la Russia e la NATO segna un punto di non ritorno. Infatti l’invasione russa dell’Ucraina ha inasprito anche sul terreno militare un conflitto inter-capitalistico globale tra il blocco occidentale e il blocco in formazione intorno all’asse Cina-Russia che era già teso prima del 24 febbraio, e ha per oggetto il controllo dei mercati, delle materie prime, delle reti di trasporto internazionali e – un aspetto nuovo in via di definizione – la ristrutturazione del sistema monetario internazionale, la supremazia nei mercati finanziari. L’espansionismo della Nato nell’Est europeo ha contribuito in misura determinante all’escalation militare in atto sul territorio ucraino, che sta a sua volta risvegliando altri focolai sopiti nelle guerre che si sono succedute nell’ultimo quarantennio, con nuove tensioni tra Kosovo e Serbia, Armenia e Azerbaijan, Cina e Taiwan (sempre per conto Usa!). E tale dinamica ha innescato un’instabilità globale con l’impennata dei prezzi delle materie prime agricole ed energetiche, e una competizione inter-capitalistica sempre più accesa nella rincorsa tra protezionismi, sanzioni e contro-sanzioni. Il mercato mondiale, la politica internazionale, sono oggi un vero e proprio campo di battaglia. Per gli Stati Uniti, e in generale per le potenze occidentali, la posta in gioco è la difesa del proprio traballante primato nell’ordine imperialista imposto con la seconda guerra mondiale e ribadito con le offensive scatenate in pressoché tutte le zone del mondo dopo il 1989. Con l’inesorabile declino dei vecchi padroni del mondo, stanno emergendo le mire di stampo altrettanto capitalistico e predatorio dei paesi di più recente sviluppo, la Cina per prima, capaci di tessere a livello regionale e globale trame efficaci di protezione dei propri interessi. Per questo lo scontro in atto assume una sempre maggiore intensità ed estensione, e in una contesa all’ultimo sangue di questo genere tra i giganti del capitalismo mondiale le pseudo autodeterminazioni nazionali (come quella invocata per l’Ucraina) servono solo come armi di propaganda a giustificazione del proprio bellicismo. Incapaci di risolvere altrimenti una crisi che gli sfugge da tutte le parti, i potentati monopolistici e i loro stati ricorrono una volta di più alle guerre. Scenari che aggravano la crisi strutturale e complessiva in cui versa il capitalismo, già accentuata dalla pandemia da Covid-19, e che determinano un’impennata, già visibile, del carovita, della disoccupazione e dell’inflazione anche per la speculazione sui prezzi dell’energia e che si concretizzano anche con l’attacco ai salari e alle condizioni di vita di ogni proletario e proletaria. Conflitti e scenari in cui si regolano i conti tra le diverse frazioni e fazioni del capitale globale, ma sono anzitutto guerre ai proletari, e sono servite in passato e servono oggi a scagliare proletari contro proletari, avvelenandone la vita, i sentimenti, lo stato di coscienza per poterli usare come carne da macello. Le potenze capitalistiche cercano di nascondere e dissimulare il reale contenuto della loro contesa con una propaganda centrata su motivi ideologici, culturali, religiosi, etnici, ma la socializzazione dei costi e la privatizzazione dei profitti della guerra fa chiarezza sul suo reale contenuto. Il nostro sforzo dev’essere, quindi, riportare lo scontro in atto in Ucraina e nel mondo alla sua contraddizione principale: quella tra capitale e lavoro, tra borghesia e proletariato, e – al fondo – tra capitalismo e socialismo. Si tratti dell’Ucraina o di altri contesti, dalle guerre dei loro 3 padroni i proletari hanno tutto da perdere, nulla da guadagnare. Su questa contraddizione bisogna fare leva con la spinta alla mobilitazione e l’agitazione per rovesciare la corsa al riarmo e a una nuova guerra mondiale contro i suoi promotori. Nelle guerre dell’ultimo quarto di secolo l’Italia di Draghi-Mattarella-Meloni ha confermato la sua scelta atlantista, fortemente marcata in senso filo-americano nelle vicende della guerra in Ucraina, diffondendo a livello di massa veleni nazionalisti, la russofobia oggi, l’islamofobia e l’arabofobia ieri oggi domani, per arruolare masse di lavoratori per le proprie guerre attraverso “buone ragioni”. Simmetricamente alla propaganda di stato, un pulviscolo di formazioni politiche che pretendono di essere anti-imperialiste, e perfino anti-capitaliste, esprimono posizioni che propongono ai proletari di schierarsi sotto le bandiere altrui, o prospettando un “diverso” ruolo dell’Italia (o dell’UE) più autonomo dagli Stati Uniti, o manifestando simpatia per il campo anti-occidentale. Con un misto di “sovranismo” e di campismo, costoro si avventurano in impossibili ipotesi di uscita nazionale dalla guerra e dalla crisi del sistema, e/o disegnano un altrettanto impossibile ruolo “anti-imperialista” del “nostro” marcio capitalismo nazionale, protagonista storico di ogni sorta di ruberie e di crimini coloniali ai danni dei “popoli di colore”. Un’altra semina di veleni nazionalisti! Dando seguito ad un confronto serrato che ha già prodotto in luglio un documento di inquadramento della guerra in Ucraina, le realtà politiche firmatarie di questo invito intendono, invece, proporre una visione e una linea d’azione coerentemente internazionaliste sulla guerra in Ucraina e sul corso degli avvenimenti che le hanno dato origine e ne stanno derivando. Lo faremo in un Convegno nazionale che si confronterà con le questioni che l’attuale scontro inter-imperialistico ha sollevato. Vogliamo contribuire a definire una posizione di classe del tutto autonoma dagli interessi del capitalismo nazionale e da entrambi i campi capitalisti-imperialisti, e perciò critica verso tutte le sfumature proposte di “sovranismo” e di campismo. Crediamo sia fondamentale promuovere un momento che approfondisca politicamente il prisma di contraddizioni al di sotto dell’attuale scontro inter-imperialistico e della conseguente escalation militare, nell’ottica di porre a disposizione della classe ragionamenti e contenuti, analisi e confronti sull’inquadramento economico-politico del conflitto, sul suo attuale svolgimento, che scopra il volto della guerra nelle sue conseguenze sociali e ricadute materiali che oggi stesso possiamo osservare nel nostro paese. Intendiamo discutere dello scenario mondiale di guerra e di crisi, del ruolo dell’Italia e della Nato, della risposta da dare alla propaganda di guerra istituzionale, dell’impatto della guerra sull’ambiente già devastato dalla logica del capitale, di come si va strutturando l’economia di guerra, delle ricadute materiali e delle conseguenze sociali della guerra, tutte a carico dei proletari, e del modo in cui i lavoratori e le lavoratrici stanno rapportandosi all’insieme di questi processi. Il proposito del Convegno nazionale è anche quello di contribuire alle mobilitazioni di autunno contro la guerra, nella prospettiva politica di guerra alla guerra imperialista che nei mesi scorsi abbiamo portato in piazza a Firenze, a Coltano come nelle lotte del proletariato multinazionale della logistica. Per l’autunno, resti in piedi la maggioranza di unità nazionale intorno a Draghi, o nasca un governo delle destre, il nostro obiettivo è lavorare al rilancio delle iniziative di lotta nazionali e internazionali contro la guerra, in contrapposizione al governo (quale che sia), ai partiti parlamentari e alle organizzazioni sindacali concertative che hanno votato tutti i loro sforzi e la loro propaganda ad integrare il proletariato nelle sorti del capitale e ad organizzare così la sconfitta della classe. Invitiamo caldamente a partecipare a questo nostro impegno tutte e tutti coloro che riconoscono i limiti dell’attuale stato della discussione e intendono contribuire e concorrere all’elaborazione puntuale e alla messa a punto di una prospettiva politica di classe più efficace, in grado di offrire alle mobilitazioni d’autunno una indicazione di lotta anzitutto contro “il nemico in casa nostra”: il capitalismo italiano – nella direzione del rovesciamento dello stato di cose presenti. Ancora invitiamo alla partecipazione tutte e tutti coloro che avvertono, nel vuoto costituito dall’assenza di una compattezza programmatica delle forze di classe, una necessità di riflessione e di arricchimento che sfoci in un riferimento teorico-politico per chi brancola negli spazi morti di questo sistema. La conferenza si terrà a Roma il giorno 16 Ottobre 2022 dalle ore 10:30 Seguiranno aggiornamenti sul luogo specifico dell’incontro.
Casa del Popolo di Teramo, Centro Politico Comunista Santacroce, Collettivo Marxpedia, Collettivo Militant, Csa Vittoria, Fronte Comunista, Fronte della Gioventù Comunista, Laboratorio Politico Iskra, Movimento Disoccupati 7 Novembre, OSA Perugia, Tendenza Internazionalista Rivoluzionaria
Elezioni del 25 settembre: estorcere il consenso per imporre l’agenda Draghi con o senza il “migliore”
Le istituzioni democratico-borghesi non sono un luogo di confronto neutro, ma sono plasmate intorno alle necessità della produzione capitalistica e della riproduzione del potere borghese. Per tale ragione è necessario sgombrare il campo da qualsiasi illusione che possa essere utilizzata per migliorare le condizioni del proletariato e, più in generale, delle masse popolari e tantomeno che possa essere uno strumento per abbattere il sistema capitalistico, visto che ne sono espressione. Chi crede nell’utilità delle stesse elezioni mostra un atteggiamento che ha poca coerenza con chi si dichiara comunista. Lo affermiamo nel rispetto di posizioni differenti e di chi è attivamente coinvolto nella tornata elettorale. Le elezioni hanno sistemi elettorali distanti anni luce da una democrazia popolare. Sono vincenti per il potere, sono perdenti per i senza potere. In una fase dove, sempre meno elettori ed elettrici si recano alle urne, i comunisti dovrebbero impegnarsi per riportarli al seggio? O è più utile allargare la forbice tra Stato e masse popolari? Dobbiamo rincorrere la legittimazione elettorale o concorrere a una sua delegittimazione? La realtà e la fase impongono questa seconda indicazione nei confronti dello Stato e delle proprie rappresentanze istituzionali e partitiche. Sosteniamo e sviluppiamo un percorso di lotta e unità che deve poggiare su basi di classe, frutto di impegno costante nelle iniziative di lotta indipendentemente da appuntamenti elettorali e che siano funzionali a rafforzare la controffensiva proletaria e la lotta per la ricostruzione del Partito comunista. Riteniamo, inoltre, che porre la questione della rappresentanza di classe sul piano istituzionale sia un errore se slegato dalla partecipazione attiva della stessa classe, della parte più combattiva e determinata, alla ricostruzione del proprio Partito. Una deviazione politica che ha condotto all’attuale incapacità di uscire dal circolo vizioso di alleanze strumentalmente elettoralistiche, destinate al fallimento e alla sconfitta perché prive del sostegno di un blocco sociale di classe di riferimento, in grado di imporre nel paese la trasformazione rivoluzionaria nella direzione del socialismo-comunismo. Per queste ragioni, non partecipiamo alla competizione elettorale del 25 settembre, ritenendo che il voto alle forze politiche presenti nella tornata elettorale sia utile al rafforzamento dei padroni e di politiche antioperaie e antipopolari e contrarie agli interessi delle classi lavoratrici e dei ceti popolari. Occorre: – organizzarsi e mobilitarsi sulle questioni sociali e sindacali; – unirsi e organizzarsi nella lotta per la ricostruzione del Partito comunista.
L’affluenza alle urne legittima lo Stato,ilvoto utile è organizzarsi e lottare per gli interessi e i bisogni di classe e della classe!
La manifestazione contro la Base di Coltano del 2 giugno sembrava potesse rimettere al centro dell’attenzione del movimento “per la pace” italiano le Basi Nato, la guerra imperialista, il riarmo mondiale, così non è stato. Giusto essere contro una nuova Base, ma va tenuto conto che il territorio toscano, tra Pisa e Livorno, ospita la più grande Base, Camp Darby, di rifornimento che ha operato e opera nei vari teatri di guerra che da anni si susseguono e che ha avuto un ruolo fondamentale nel depistaggio delle stragi degli anni ‘70/80, nel sostegno al progetto golpista della P2 di Gelli, nell’addestrare i fascisti di Gladio.
In 70 anni, dal dopoguerra ad oggi, mai sono stati varati aumenti così massicci del gas metano e poi, a effetto domino, luce elettrica, acqua, trasporti, pane, carne, frutta, latte, ecc.
Il governo Draghi favorisce gli imprenditori e i potenti finanzieri a scapito della maggioranza della popolazione che vive di salari e stipendi. Lo sblocco dei licenziamenti sta mandando al macello migliaia di famiglie e chi ha ancora un lavoro riceve paghe da fame con salari in calo da decenni. Le piccole aziende chiudono a velocità mai viste e la disoccupazione dilaga. Molti sono costretti ad accettare lavori più che precari, di mesi, di poche settimane o addirittura di alcuni giorni, senza la sicurezza di non crepare sul lavoro.