No alla militarizzazione no a basi Nato

Giovedì 2 giugno ore 14.30 manifestazione a Coltano

Il governo Draghi, c.d. governo dei “migliori”, sperpera parte dei denari del Recovery Fund (che a causa del colossale debito pubblico ricadrà sulle spalle delle generazioni future) per nuove basi militari: da qui il decreto governativo che autorizza la costruzione della base militare di Coltano (Pi).

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Lavoratori Portuali Genova Pra’

Con l’entrata in vigore del Decreto Legge n. 1 del 07/0112022. che istituisce l’obbligo vaccinale per la prevenzione dall’infezione del virus Sars CoV-2 per i soggetti “over 50” e il cosiddetto “super green pass” per l’accesso ai luoghi di lavoro per i lavoratori che abbiano compiuto il cinquantesimo anno di età, colleghi e amici, nel totale silenzio e, in taluni casi, con il consenso di datori di lavoro, terminalisti, sindacali e Confindustria, resteranno inesorabilmente senza la possibilità di recarsi al lavoro e senza diritto alcuno di retribuzione.

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Appello dai lavoratori Vitesco contro il green pass

Negli ultimi due anni la democrazia ha subito continue limitazioni e dal prossimo 15 febbraio subirà un colpo ancora più duro. Con la nuova disposizione ministeriale alcuni lavoratori, colleghi al nostro fianco da molti anni, saranno sospesi senza stipendio fino a data imprecisata.

Lavoratori e lavoratrici che hanno deciso di non piegarsi a questo regime dittatoriale, che ha fatto lavorare tutti nei primi mesi della pandemia a stretto contatto e senza protezioni per poi allontanare gli stessi se non sottoposti a inoculazione statale. Il lavoro è sacro, è un diritto e chi lo doveva difendere, chi ci doveva difendere ha preferito voltarci le spalle in nome della presunta scienza.

Dal 15 alcune famiglie non sapranno come fare fronte alle spese correnti, pagare i mutui, le bollette.
Dal 15 lo Stato avrà sulla coscienza anche il destino di queste famiglie. Questa azienda si è servita degli operai durante la crisi sanitaria per poi sospenderli perché un dpcm abusivo, discriminatorio e incostituzionale lo impone.

Facciamo leva sulle vostre coscienze cari colleghi per far sì che questa farsa finisca per tornare alla normalità e per riprenderci ciò che ci spetta di diritto: IL LAVORO UNITEVI A NOI IN QUESTA LOTTA DI RESISTENZA PERCHÉ OGGI TOCCA A NOI MA I PROSSIMI SARETE VOI

Gruppo lavoratori Vitesco contro il Green Pass

15 febbraio giornata di protesta Presidio dalle 6:00 davanti la sede di Fauglia Non è uno sciopero, è sufficiente non presentare il green pass all’ingresso. Saremo assenti ingiustificati, ma tutelati dai decreti del governo contro conseguenze disciplinari. Nessun passo indietro, ma avanti uniti

Meno promesse! Più personale, subito!

Riceviamo e pubblichiamo:

In Toscana mancano 6.000 infermieri, 400 medici dell’emergenza e del 118, ma mancano anche anestesisti, chirurghi, pediatri, cardiologi, medici di medicina generale, oss, radiologi, tecnici di laboratorio, ecc.

Una situazione esplosiva che con il blocco delle assunzioni, la sospensione di operatori non vaccinati, malati e quarantena dal Covid-19, rende insostenibile lo svolgimento delle attività sanitarie. Il peggioramento delle condizioni di lavoro con l’aumento dei carichi individuali, alimentato da un sentimento di sfiducia per un possibile miglioramento della situazione, ha spinto numerosi medici ad abbandonare gli ospedali in favore del privato o ad anticipare il pensionamento.

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Sabato 5 febbraio scendiamo in piazza contro il sistema degli appalti e la repressione aziendale!

Riceviamo e pubblichiamo:

Appuntamento a Pisa in piazza XX Settembre, ore 15:00

Sul nostro territorio sono tanti gli esempi di speculazioni e appalti a ribasso: AVR, Toscana Aeroporti, Pisamo, AOUP, Pisa Mover, per citare solo quelli più conosciuti.

Negli ultimi anni il sistema degli appalti in questi settori si è intensificato attraverso gare sempre più a ribasso, con un abbassamento esponenziale dei salari e dei diritti dei lavoratori, esternalizzazioni forzate con maggiore ricatto, frammentazione e disgregazione del corpo dei lavoratori stesso con tutte le conseguenze sindacali e politiche che ben conosciamo.

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Non si può difendere la Sanità pubblica senza tutelare le condizioni di lavoro del personale!

Dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici!

Riceviamo e pubblichiamo:

Proprio un anno fa (ottobre 2020), Giani si esibiva con le solite dichiarazioni: “stiamo lavorando al massimo per uscire quanto prima da questa emergenza sanitaria! Il sistema sanitario funziona e riesce a dare risposte se i grandi investimenti nell’edilizia sanitaria e nell’ammodernamento delle tecnologie si coniuga con le energie di donne e uomini che vi lavorano!”

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La lotta popolare contro i maxidepuratori del Garda l’ennesima grande opera imposta ai territori

Riceviamo e pubblichiamo:

Dal 9 agosto sotto la Prefettura di Brescia è in corso un presidio permanente animato da un ampio fronte del mondo ambientalista bresciano. Decine di comitati e associazioni, alcune provenienti anche dal trentino e dal mantovano, hanno avviato una protesta a oltranza, giorno e notte, per contrastare il progetto dei maxidepuratori del Garda e il commissariamento imposto dal Ministro della “Transizione Ecologica” Roberto Cingolani. La vicenda nasce dalla decisione di intervenire su quello che è l’attuale sistema di collettazione e depurazione dei reflui gardesani.  Dagli anni ’80 la sponda bresciana e veronese raccolgono le acque nere, che necessitano di essere trattate prima di essere reimmesse nel ciclo idrico, attraverso lunghe condutture sublacuali fino al grande impianto di depurazione di Peschiera, per poi scaricarle nel fiume Mincio, emissario del lago. Dopo decenni di urbanizzazione selvaggia con colate di cemento e consumo di suolo, gli enti gestori del servizio idrico hanno ritenuto che il sistema attuale sia ormai insufficiente, a seguito dell’aumento della popolazione. Di conseguenza è maturata la decisione politica di intervenire sulla capacità di trattamento del sistema di depurazione. Come denunciato dai comitati, però, la strada che si è voluta intraprendere, non è stata quella del potenziamento e della sistemazione dell’esistente, ma di pensare una nuova grande opera, separando la depurazione della sponda veronese da quella bresciana. Secondo i programmi della politica la parte veneta continuerà a utilizzare l’impianto di Peschiera, quella lombarda si renderà autonoma con la costruzione di un nuovo grande impianto a Gavardo (comune bresciano situato nella Val Sabbia) e il potenziamento del depuratore esistente a Montichiari, entrambi con scarico nel fiume Chiese. È un corso fluviale molto importante, uno dei più lunghi in Italia con i suoi 160 chilometri, che del Parco dell’Adamello ad Acquanegra attraversano 30 comuni. L’investimento totale è stimato in oltre 200 milioni di euro. Alfiere dell’operazione, concepita nel 2018, è Mariastella Gelmini, attuale Ministro agli Affari Regionali, affiancata dai sindaci del Garda e dagli enti gestori dei servizi idrici.

 La risposta dei comitati

La decisione, attualmente limitata alla proposta di un mero studio di fattibilità e non ancora a un vero e proprio progetto preliminare, ha fatto alzare una levata di scudi dai territori, che negli ultimi tre anni sono stati teatro di un’imponente opposizione popolare e istituzionale. La provincia bresciana, infatti, è stata attraversata da un susseguirsi di presidi, manifestazioni e assemblee pubbliche ampiamente partecipate, mentre la contrarietà politica locale registrava una sessantina di amministrazioni comunali sul piede di guerra nel solo territorio bresciano. Le ragioni principali di contrarierà si sono condensate su due piani, uno ambientale e l’altro economico: i nuovi depuratori scaricherebbero le acque depurate in un bacino imbrifero, quello del fiume Chiese, che nulla a vedere con quello del Garda (Sarca – lago – Mincio), mischiando acque differenti in un corso d’acqua in forte sofferenza durante l’anno a causa di una portata bassissima, già caricata dalla depurazione dei comuni lungo l’asta del corso fluvial. Sul piano dei costi significherebbe costruire un sistema di raccolta dei reflui, che dovrebbero essere pompati e sospinti per chilometri, attraverso un dislivello di 150 metri, fino al comune di Gavardo, con un grande dispendio di risorse pubbliche per la costruzione e la manutenzione dell’impianto. La proposta alternativa dei comitati, invece, è sempre stata molto chiara, ovvero limitarsi a sistemare e intervenire sul sistema che è in funzione da 40 anni, con costi decisamente inferiori stimati intorno ai 70 milioni di euro e zero impatto ambientale.

Le vere ragioni del progetto: gli interessi dei grandi capitali

Per comprendere le ragioni di un’operazione che è apparsa fin da subito dal sapore speculativo, basta gettare uno sguardo al 2019, quando Confindustria bresciana e Coldiretti nazionale indirono una conferenza stampa congiunta, promossa con i rispettivi rappresentanti Giuseppe Pasini ed Ettore Prandini. Entrambi difesero a spada tratta i piani della politica nazionale. Per le due associazioni padronali, difatti, il progetto dei maxidepuratori del Garda è da portare a termine senza intoppi. La loro presa di posizione ha confermato quali sono le reali motivazioni, più volte ammesse tra le righe, che sono alla base dei nuovi impianti di depurazione. Da un lato l’ingresso tecnico-finanziario nell’operazione di A2A, grande monopolio, multiutility dei servizi, gestore dell’inceneritore di Brescia, da tempo protagonista di un processo di concentrazione e centralizzazione dei capitali nel settore energetico, idrico e dei rifiuti. Dall’altro l’utilizzo delle grandi quantità di acque riversate nel fiume Chiese per l’agricoltura intensiva, che risponde agli interessi dei grandi consorzi.

Il colpo di mano del governo Draghi

Sulla spinta del movimento popolare e istituzionale di opposizione le contraddizioni a livello politico sono inevitabilmente esplose, fino a quando il Consiglio Provinciale di Brescia ha approvato il 30 gennaio 2020 una mozione che ha stabilito il principio per cui i nuovi impianti di depurazione devono essere realizzati nel bacino idrico di riferimento, quindi in questo caso nel bacino gardesano. A seguito di questa decisione, che aveva mandato su tutte le furie la cricca gelminiana, si era aperto un percorso di confronto, per trovare un’alternativa. Al fin di impedire una diversa collocazione rispetto a quello dei piani iniziali, la destra è riuscita a ottenere il commissariamento dell’iter di approvazione attraverso il decreto legge di giugno. La nomina è ricaduta sul Prefetto di Brescia Attilio Visconti, una decisione che ha fin da subito mostrato il carattere autoritario del provvedimento. Invece di individuare una figura terza, infatti, il governo Draghi ha scelto un rappresentante dell’esecutivo stesso, un funzionario destinato ad avvallare le volontà degli stessi ministri promotori dei maxidepuratori. L’esito abbastanza scontato è stato la riconferma a fine luglio del progetto Gavardo-Montichiari, dopo una serie di consultazioni farlocche avute con i comitati, calpestando lo stesso consiglio provinciale e il processo di mediazione politica che si era imposto con la mozione Sarnico. In questo modo lo stato borghese, per rispondere agli appettiti dei padroni e blindare il suo personale politico, in preda alle contraddizioni aperte nei territori, è entrato in conflitto al proprio interno, decidendo di non rispettare la mediazione della Provincia di Brescia.

Contro il commissariamento nasce il “Presidio 9 agosto”

Di fronte all’imposizione operata dal commissariamento i comitati ambientalisti bresciani, mantovani e trentini dal 9 agosto hanno deciso di mettere in campo un presidio permanente proprio sotto la prefettura bresciana. Una protesta a oltranza che rappresenta un livello di mobilitazione mai raggiunto prima dalle associazioni di difesa ambientale, che si sono quasi sempre limitate a denunce mediatiche o manifestazioni nelle forme legali di presidi e cortei. L’accampamento stabile sotto il palazzo della Prefettura ha inevitabilmente operato una forzatura, che si è scontrata fin da subito con le intimidazioni da parte poliziesca e dell’amministrazione comunale per fare desistere o contenere il presidio attraverso minacce di denunce, multe e il rischio di sgombero. Le pressioni, tuttavia, non si sono mai concretizzate, sia per l’autorevolezza dell’ampio fronte di protesta, sia per la capacità da parte del corpo attivista di trovare un adeguato equilibrio nel livello dello scontro, in modo tale da difendere con fermezza la propria presenza sotto la sede prefettizia, allo stesso tempo senza giustificare interventi di forza e spaventare la composizione eterogenea e popolare della lotta. In questo modo dal 9 agosto centocinquanta persone si alternano con regolarità giorno e notte in turni da tre ore. Sono molte di più le persone che sono semplicemente passate a portare la propria solidarietà o a dare un contributo di presenza eccezionale. Inoltre il presidio si è trasformato fin dai primi momenti in un’agorà permanente, organizzando ogni sera iniziative pubbliche come dibattiti, presentazioni di libri, concerti o danze popolari. Il significato che ha assunto la protesta si è elevato da un piano ambientale ed economico a uno politico generale, in difesa dell’agibilità nelle piazze e contro ogni processo autoritario di commissariamento. La determinazione dei presidianti è riuscita a strappare anche un’audizione dei rappresentanti dei comitati nella Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera dei Deputati, dove nella giornata del 7 ottobre sono state portate le ragioni della battaglia contro i maxidepuratori.  Il 9 ottobre, con il compimento dei due mesi di presidio, si è organizzata un’assemblea popolare, che ha visto la presenza di oltre un centinaio di persone sotto la Prefettura di Brescia. Si è deciso collettivamente di procedere a oltranza con la protesta, organizzandosi per resistere al peggioramento meteorologico rappresentato dall’arrivo dell’autunno e a qualsiasi tentativo di pressione nei confronti del presidio.

Resoconto iniziativa presentazione Opuscolo Covid-19, Milano 3.10.2020

Sabato 3 ottobre 2020 si è svolta a Milano, presso la Libreria Popolare di via Tadino, l’iniziativa organizzata dal Coordinamento Comunista Lombardia (CCL) per presentare l’opuscolo “Covid-19: ‘coronavirus’ da un punto di vista di classe. Crisi economiche, ristrutturazioni produttive, limitazioni dei diritti sociali, salute e sicurezza, ambiente: l’uso capitalista della pandemia e le prospettive di lotta per una società socialista”, prodotto insieme al Coordinamento comunista toscano (Cct) e Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia (PC).

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