
Un anno fa lo scoppio della guerra in Ucraina tra Russia, Usa e Nato, una guerra inter-imperialista che ha trasferito sul piano militare il controllo dei mercati finanziari, delle materie prime, delle reti di trasporto. Un conflitto in atto dal 2014 che, con l’espansionismo della Nato nell’est europeo, ha prodotto un’escalation in Ucraina risvegliando focolai tra Armenia e Azerbaijan, tra Serbia e Kosovo.
Una guerra che, tra sanzioni e protezionismi, ha acuito lo scenario mondiale già critico e ha prodotto un aumento dei prezzi delle materie energetiche e agricole, provocando l’impennata dei generi di prima necessità a cascata sulle precarie condizioni di vita delle classi lavoratrici e delle masse, con conseguenze sociali pesanti e la devastazione dell’ambiente già compromesso dai profitti del capitale.
Le basi Usa e Nato, collocate in Italia a servizio per l’addestramento, per operazioni di spionaggio e sabotaggio – dove sono custodite e occultate armi nucleari che riducono il paese a una polveriera – e contro i popoli, coinvolgono direttamente l’Italia come potenziale bersaglio.
Il governo Meloni ha raccolto il testimone del governo Draghi, totalmente allineato alla politica guerrafondaia dell’UE e della aggressività Nato, che hanno trasformato il mercato in un campo di battaglia. L’UE, oltre ad addestrare 30mila soldati ucraini, lamenta la carenza di munizioni anche perché, per inviarle in Ucraina, i paesi non riescono a mantenere le scorte nazionali, e deve fare appello all’aumento della produzione favorendo così giganteschi guadagni del complesso militare industriale.
In alcuni paesi dell’UE si è riaperto il dibattito sulla leva obbligatoria; in prima fila Salvini e La Russa, ma per la Nato la migliore scelta è la creazione di una riserva di personale addestrato e abile a entrare in azione.
Tutti alla corte di Zelenskij: ultimi Israele che ha offerto il sistema antimissile e un prestito da 200mila dollari e il governo Meloni con la sua visita e la tappa in Polonia per incontrare Morawiecki, alleato di Fratelli d’Italia.
Per la risposta alla guerra è necessario aumentare la mobilitazione contro la Nato (come fedeli servitori sperperiamo 100 milioni di € al giorno) e l’UE, il sistema capitalista e l’imperialismo italiano che investe miliardi nelle guerre tagliandoli allo stato sociale (sanità e trasporti, istruzione e ricerca, pensioni, casa e servizi), contro l’aumento delle bollette, del carovita, dei prezzi, delle tasse.
Uno Stato che, per imporre la sua politica economica, potenzia metodi e forme di repressione, si serve di linguaggi, discorsi, informazioni… per manipolare il consenso con la complicità dei partiti di servizio alla classe dominante.
Organizzarsi e mobilitarsi contro un regime antioperaio e antipopolare, oscurantista e reazionario.
A fianco dei lavoratori che bloccano il mercato di armi
No ad alleanze imperialiste!
No alle guerre in risposta alla crisi!
No alle Basi Usa e Nato
Unione di Lotta per il partito Comunista (ULPC)
22 febbraio 2023