Referendum: un plebiscito mal riuscito

7 milioni e mezzo di lavoratori, giovani, donne, hanno ragionato con la testa ed espresso il loro rifiuto della legge sul “taglio dei parlamentari”. Era un risultato per nulla scontato, se consideriamo le premesse politiche e le condizioni reali in cui si è svolto il referendum.
La legge è stata votata alla Camera da tutti i partiti di maggioranza e opposizione (553 sì, 14 no e 2 astenuti); il voto è stato ampiamente condizionato dalla demagogia populista, dalla menzogna e dalla frode; le forze socialdemocratiche, riformiste e opportuniste, che si sono opposte per motivi elettoralistici alla legge taglia-parlamentari, non hanno informato le masse sulla natura reazionaria della legge e non hanno fatto nulla per mobilitarle.

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Sul Referendum al taglio dei parlamentari: un aspetto della trasformazione reazionaria dello Stato borghese

Il 20-21 settembre si svolgerà il referendum che riduce il numero dei deputati da 630 a 400 e dei senatori da 315 a 200. Operazione politico-istituzionale, voluta dai populisti del M5S, e sostenuta dai partiti riformisti e reazionari (dal Pd alla Lega), demagogicamente e strumentalmente presentata come risparmio di risorse e contrasto alla “casta dei politici”.
Il taglio dei parlamentari non ha niente a che vedere con simili risparmi (incide per lo 0,007% della spesa pubblica). Per abbassare i costi basta ridurre gli stipendi dei parlamentari al salario di un operaio specializzato ed eliminare i loro vasti privilegi.

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