Giovedì 26 gennaio ore 05.09 una ruspa, seguita da una colonna interminabile di blindati, solca le strade di Jenin diretta al campo profughi. La ruspa libera la strada da ogni ostacolo e, arrivati al campo, continua il suo lavoro buttando giù alcune abitazioni.

Ma la colonna del gregge dei criminali nazisionista è stata scoperta molto in anticipo trovando la Resistenza palestinese nel campo già pronta per l’accoglienza. È stato scoperto il furgone di distribuzione del latte che, invece di contenere latte, al suo interno c’erano soldati e cecchini.
Nasce una sparatoria fortissima e la resistenza non arretra. L’avanzata dei criminali professionisti viene fermata e, sebbene circondino completamente il campo non riescono a realizzare lo scopo dell’aggressione. Lo scontro dura parecchie ore e questo permette ai Fedayeen di arrivare da ogni parte e circondare i nazisionisti.
Jenin diventa un campo di battaglia. E se l’invasione è stata veloce e rocambolesca il ritiro è stato una fatica tremenda, occorreva chiamare rinforzi per tirare fuori i criminali sionisti dalla città.
I morti tra le fila dei palestinesi sono 9 mentre tra le truppe sioniste si è parlato inizialmente della morte di un comandante, notizia che presto è sparita come tutte le altre notizie.
Questo evento ha subito infiammato tutta la Palestina. Manifestazioni, presidi e scontri si sono verificati ovunque. La rabbia popolare è al massimo livello. Questa risposta e con tali dimensioni non ha lasciato alla dirigenza di Ramallah spazio per manovrare ed è stata costretta a condannare la strage di Jenin e porre fine, con effetto immediato, al coordinamento di sicurezza con l’esercito d’occupazione nazisionista (sic).
Ma la vera risposta alla strage di Jenin è arrivata il giorno dopo a Gerusalemme: un giovane di 21 anni, Fakhri A’lqam del campo di Shuàfat, impugna la sua Beretta calibro 9 e si lancia contro un gruppo di coloni in un quartiere della città, sale in macchina e va un po’ più avanti e attacca un secondo gruppo. Fakhri spara per 5 minuti prima che arrivi una pattuglia di polizia con la quale nasce uno scontro fino al suo martirio.
La risposta del giovane palestinese crea uno shock collettivo, Ben Gh’vir, il chiacchierone, è senza parole per la prima volta, la folla lo riempie di insulti e lo caccia via attribuendo a lui le responsabilità dell’accaduto. Dall’altra parte, il mondo dei palestinesi è in festa e la tristezza che avvolgeva Jenin si è tramutata in una gigantesca festa. Netanyahu è in difficoltà, Abu Mazen è in difficoltà e il popolo palestinese dimostra al mondo intero di essere vivo e di resistere…
un compagno palestinese