Una vera e propria complicità con i colonizzatori, in un crimine di guerra
Recentemente il gigante francese della distribuzione Carrefour ha lanciato una catena di supermercati in Israele – dove la vita è molto cara – e in diverse delle 200 zone nei territori occupati in Cisgiordania come a Maale Adumin dove vivono 40mila coloni e ad Ariel (non lontana da Nablus) dove si sono installati in 20mila. Coloni, in gran parte di origine russa che escono dal loro mondo chiuso da filo spinato, con turni di guardia, per attaccare con sempre più violenza i palestinesi ai quali è persino impedito di usare le strade. Il partner israeliano di Carrefour, il gruppo Elco, è coinvolto nell’economia delle colonie: dalla costruzione di alloggi e lavori pubblici, alla climatizzazione di edifici, a generatori elettrici…). Difficile che Carrefour non sappia della violazione dei diritti dei palestinesi né dell’elenco che le Nazioni Unite hanno pubblicato nel 2013 di dieci “attività suscettibili di rendere le imprese israeliane o multinazionali complici di violazioni dei diritti umani in relazione alla colonizzazione del territorio palestinese”, di cui fa parte “l’offerta di servizi e prestazioni che contribuiscono al mantenimento eall’esistenza delle colonie di insediamento”. Il Primo ministro israeliano uscente, Yair Lapid, a luglio si era felicitato di questo accordo, e aveva auspicato che altre imprese della distribuzione “possanoseguirne le orme”, infatti, anche il gruppo olandese Spar prevede di aprire filiali in Israele e sicuramente nei territori occupati. Una vera e propria complicità con i colonizzatori, in un crimine di guerra.