Operai GKN sullo sciopero CGIL-Uil

Riceviamo e pubblichiamo:

Questo sciopero è nostro, anche se non è ancora “il nostro” sciopero.

È nostro perché ne abbiamo sostenuto la necessità. Diciamo di più: abbiamo spiegato – nell’incredulità generale – come la sua necessità si stesse affermando nei fatti. Contro la volontà e le previsioni delle stesse direzioni sindacali. E le ragioni per lo sciopero si moltiplicano mentre scriviamo: ultima notizia, l’incredibile delocalizzazione annunciata alla Caterpillar di Jesi.

Ma non è ancora “il nostro” sciopero. Non solo per le evidenti carenze programmatiche, ma anche per le modalità. 

Per noi il punto non è mai stato la convocazione di “uno” sciopero generale, ma la costruzione dello sciopero generale e generalizzato. Di uno sciopero che sappia penetrare in profondità nella società, che si alimenti di convergenza di movimenti e di lotte, che cambi forma e sostanza delle modalità con cui siamo organizzati sindacalmente nelle aziende. E per questo, ancor prima di essere una data, lo sciopero generalizzato è un processo.

Ma lo sciopero del 16 è comunque “nostro”, anche nelle sue ripercussioni. Il suo eventuale fallimento ricadrebbe su di noi. E con “noi” intendiamo non solo e non tanto i soli iscritti Cgil, ma l’intero movimento di classe nel paese. Ne uscirebbero vittoriose le ipotesi più regressive nella società. Ne uscirebbe vittoriosa la Cisl e l’intero arco confindustriale che osanna Draghi.

Dopo aver bloccato ogni ipotesi di sciopero, la Cisl non solo si smarca. Ma attacca duramente lo stesso sciopero generale. Era lecito aspettarsi qualcosa di diverso da un sindacato che non ha scioperato nemmeno un minuto ai tempi del Jobs Act?

Ed è per questo drammatico che lo sciopero arrivi tardivo e pasticciato.

Poteva essere convocato sulla scia della manifestazione di Firenze del 18 settembre o ancora insieme al sindacalismo di base l’11 ottobre o ancora dopo l’attacco di Forza Nuova alla sede di Roma o ancora dopo che Draghi si era alzato dal tavolo sulle pensioni. Si poteva cominciare con scioperi regionali e includere nella piattaforma anche la critica alla gestione pandemica del Governo.

E quando lo si è convocato lo si è fatto con ogni genere di confusione: i metalmeccanici hanno dovuto sconvocare piazze e date già fissate, la scuola l’ha mantenuto il 10. E infine c’è stato lo scivolone sul preavviso di convocazione, con l’intervento dell’Authority a sbandierare la presunta irregolarità dello sciopero. E anche qui, invece che prendere di petto la situazione per denunciare il ruolo delle leggi antisciopero, si è di fatto accettato di dare vita a uno sciopero generale ancora più monco con alcune categorie che ne vengono escluse.

Perfino sulle modalità di piazza c’è stata incertezza. Prima si è parlato di una manifestazione nazionale e non di cortei regionali. E poi si è mantenuta Roma ma con altre piazze macro-regionali.

La direzione Cgil arriva a questo sciopero dopo aver visto cadere non tanto il dialogo con il Governo – dialogo che non c’è mai stato a partire dal blocco dei licenziamenti – ma anche solo la parvenza di contare qualcosa nei diversi tavoli aperti.

Ma la convocazione tardiva e pasticciata dello sciopero generale del 16 dicembre, non rischia di minare la data del 16 in sè. Rischia di minare l’idea stessa di sciopero generale. E non capiamo come si possa trarre compiacimento dalla cosa. C’è chi crede che il fallimento dello sciopero generale del 16 determinerebbe uno spostamento in avanti dei rapporti di forza a nostro favore?

Il punto è che invece che cullarsi nell’idea che “la Cgil tanto non avrebbe mai convocato uno sciopero generale”, era necessario prepararsi a convergere sulle date e le occasioni che ci fossero state messe davanti.

Non lo diciamo per polemica di parte. Noi siamo una vertenza che sulla base dei rapporti di forza deve costruire ogni giorno la propria stessa sopravvivenza. E non ci piace aver ragione da soli, quando è il movimento nel suo insieme che rischia di avere torto.

Il punto non è mai stato per noi se la Cgil fosse in grado o avesse la volontà di dare vita a un serio percorso di mobilitazione. Il punto è se dal basso cresce un movimento e una pressione in grado di sostenere un serio percorso di mobilitazione. “Insorgiamo” non è una concessione del quartiere generale. E’ un moto di indignazione, protagonismo, riscatto, consapevolezza e rabbia. Sei tu il protagonista della tua emancipazione. Tu in quanto organizzatore collettivo, membro di un collettivo, di una comunità.

Infine è francamente inaccettabile l’uso unilaterale della pandemia volto alla limitazione al diritto a manifestare. Se potete licenziare, noi possiamo scioperare. Se si può accalcarsi nei centri commerciali o per lo shopping natalizio, si può e si deve manifestare.

 Noi non possiamo determinare in pochi giorni la natura del prossimo sciopero generale. Possiamo solo dire quel che sarebbe giusto con le nostre parole e con i nostri corpi. E le nostre parole e i nostri corpi il 16 saranno in sciopero e in corteo. Convergiamo su Roma (per i pullman messaggiare il numero del collettivo 3478646481). E invitiamo tutti a farlo. Se decidessimo di cambiare le modalità di partecipazione, sarete i primi a saperlo.

#insorgiamo

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