La funzione svolta dal gruppo dei comunisti torinesi, raggruppati attorno a L’Ordine Nuovo diretto da Gramsci, nella lotta per la costruzione di un autentico partito politico della classe operaia in Italia, si sviluppò in due momenti.
Dapprima essa si svolse all’interno del PSI nella lotta contro le posizioni riformiste, opportuniste e pseudo-rivoluzionarie annidatesi all’interno di questo partito. La lotta contro tali tendenze, continuò da parte del gruppo de L’Ordine Nuovo, anche dopo la scissione di Livorno e la costituzione del Partito comunista. Ciò servì a chiarire idee e posizioni tra gli operai di avanguardia.
In un secondo momento, la lotta fu diretta con maggior vigore di quanto non fosse stato fatto in passato contro le posizioni della sinistra bordighista e dell’opportunismo di destra.
Questa lotta si è conclusa con la vittoria delle posizioni di Gramsci e del giovane Togliatti (non ancora caduto su posizioni revisioniste), con l’affermazione della dottrina leninista del partito della classe operaia.
Tutte le fondamentali questioni della lotta rivoluzionaria del proletariato del nostro paese ebbero nel pensiero e nell’azione di Antonio Gramsci una risposta corrispondente ai suoi interessi fondamentali, nella prospettiva della conquista del potere da parte della classe.
Gramsci fu il primo in Italia a comprendere il significato internazionale della Rivoluzione socialista d’Ottobre e il valore internazionale degli insegnamenti di Lenin. Fu Gramsci a proporre di fronte alla classe operaia il concetto della dittatura del proletariato, che i riformisti avevano cercato di infangare e di snaturare.
Il gruppo de L’Ordine Nuovo seppe condurre un’analisi marxista della situazione italiana, e seppe così individuare gli errori e le deficienze del Partito socialista; seppe far propri i principi ideologici e organizzativi del partito della classe operaia elaborati da Lenin; seppe condurre infine una lotta lunga e difficile per l’affermazione di questi principi.
Il contatto quotidiano con il proletariato rivoluzionario torinese e il lavoro per i Consigli di fabbrica diedero al gruppo de L’Ordine Nuovo un’esperienza e una base solida per un giusto orientamento di lotta del partito della classe operaia italiana.
Il potere proletario stava dando in Russia una prova straordinaria della sua efficacia e i Soviet, forma organizzata di questo potere, erano divenuti popolari anche in Italia, tra le masse che aspiravano ad emanciparsi dall’oppressione.
I massimalisti del PSI avevano dato un’ulteriore prova della loro immaturità parolaia quando avevano tentato di applicare l’esperienza dei Soviet in Italia. Prima ancora che fosse costituito un solo Soviet, la Direzione del PSI aveva dato l’incarico ad una organizzazione del partito di elaborare un ‘regolamento tipo’ da utilizzare per tutti i Soviet. Naturalmente questo modo di procedere burocratico e schematico non poteva dar luogo ad alcunché di concreto. E così tutto finì prima ancora che si cominciasse.
Il gruppo de L’Ordine Nuovo si pose invece concretamente e seriamente il problema dei Soviet e a Torino promosse e dette vita ai Consigli di fabbrica. Le caratteristiche dei Consigli di fabbrica erano essenzialmente le seguenti:
- i Consigli di fabbrica si presentavano come organismi in cui si realizzava l’unità degli operai, in primo luogo, e di tutti i lavoratori; operai, tecnici, impiegati, ingegneri stabilivano nella fabbrica un legame di lotta comune, qualunque fosse la loro fede politica e religiosa, per rivendicare una direzione della produzione consapevole dei comuni interessi;
- i Consigli di fabbrica non si trovavano in una posizione inerte di semplice denuncia dei padroni, ma studiavano concretamente i problemi della produzione e affermavano con fermezza la necessità di una migliore organizzazione della fabbrica, di cui i padroni erano i peggiori nemici. Attraverso i Consigli, gli operai apparivano come l’elemento dirigente della fabbrica, aventi un forte senso di responsabilità euna alta coscienza delle esigenze della produzione e di tutta l’attività della fabbrica.
L’ultima grande battaglia de L’Ordine Nuovo, prima che il gruppo si fondesse con le altre frazioni del Partito Comunista d’Italia, fu l’occupazione delle fabbriche. Anche in questa battaglia, gli operai torinesi furono alla testa di tutto il proletariato italiano. Dimostrarono così quanto profonda era stata l’opera de L’Ordine Nuovo per dare alla classe operaia italiana la coscienza di essere la nuova classe dirigente del Paese.
Alla vigilia del Congresso di Livorno il gruppo de L’Ordine Nuovo elaborò un programma socialista, che fu adottato dalla Sezione torinese del PSI, nel quale acquisì particolare rilievo la polemica contro i socialdemocratici e le loro posizioni riformiste.
Contrariamente all’affermazione dei riformisti che la forma del potere proletario non può essere che quella parlamentare e che il proletariato farà il socialismo solo quando, attraverso la competizione elettorale, avrà conquistato la maggioranza del parlamento, il programma de L’Ordine Nuovorespinse queste illusioni e precisò che il proletariato può liberarsi dallo sfruttamento capitalistico e può modificare i rapporti capitalistici di produzione solo attraverso la lotta rivoluzionaria che porti all’instaurazione del potere proletario.
Uno dei punti fondamentali del programma cita:
“L’organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato è il partito politico di classe. Il partito comunista, riunendo in sé la parte più avanzata e cosciente del proletariato, unifica gli sforzi delle masse lavoratrici, volgendoli dalle lotte per gli interessi di gruppi e per risultati contingenti alla lotta per l’emancipazione rivoluzionaria del proletariato. Il partito ha il compito di diffondere nelle masse la coscienza rivoluzionaria, di organizzare i materiali di azione e di dirigere nello svolgimento della lotta il proletariato”.
Nel programma, Gramsci diede per primo in Italia una definizione leninista della natura e della funzione del Partito comunista, indicando i tratti fondamentali dell’organo indispensabile della lotta rivoluzionaria del proletariato.
Va ricordato ciò che avvenne al II Congresso dell’Internazionale comunista, quando Lenin propose ad una commissione del Congresso di dichiarare che la piattaforma della Sezione torinese (cioè de L’Ordine Nuovo) concordava con tutti i principi dell’Internazionale. Tutte le correnti erano rappresentate – tranne appunto L’Ordine Nuovoa cui si doveva il documento e che aveva suscitato il movimento più consapevolmente rivoluzionario del dopoguerra – e i rappresentanti di tutte le correnti fecero a gara per opporsi alla proposta di Lenin.
Lenin tenne ferma peròla sua proposta, e il documento della Sezione torinese venne riconosciuto dal Congresso dell’Internazionale.
Un punto debole deL’Ordine Nuovo fu di non aver avuto forze organizzate fuori di Torino, di non aver creato un’organizzazione su scala nazionale. Nonostante la giustezza delle sue posizioni, peccò di una certa ‘timidezza’ e non riuscì a stabilire un collegamento e una rete organizzativa nel paese. Di tutta l’opera di educazione e di critica comunista svolta dalla rivista poterono beneficiare soltanto gli operai torinesi.
Gramsci negò sempre che si potesse identificare il Partito comunista con il gruppo de L’Ordine Nuovo. Sottolineò che altre forze erano in esso confluite. Nessuno potrebbe però contestare che fu L’Ordine Nuovo a dare al Partito comunista la capacità di muoversi secondo l’insegnamento del marxismo e del leninismo; la capacità di fare della classe operaia la forza dirigente delle masse popolari.
La lotta del gruppo gramsciano continuò dopo la fondazione del PCd’I per liberare il partito dalla influenza dannosa delle posizioni bordighiste, settarie e opportuniste, contrarie al leninismo sulle questioni della teoria, della strategia e della tattica della rivoluzione proletaria, per la costruzione di un vero partito rivoluzionario della classe operaia.
La funzione svolta da L’Ordine Nuovo ci insegna che la lotta per il Partito necessita di un gruppo dirigente coeso, solido, che assimili i principi e gli aspetti fondamentali del marxismo-leninismo, che sia in grado di realizzare un’analisi concreta della situazione italiana, sia capace di assicurare l’orientamento ideologico, politico e organizzativo, di programmare i collegamenti fra i membri dei gruppi, di stabilire un piano di lavoro, ecc.
Disporre di un tale gruppo non vuol dire essere chiusi, settari, refrattari al confronto e alla partecipazione di altri gruppi ed elementi comunisti dentro un processo di costruzione dell’organizzazione comunista. Significa invece che non si può avanzare verso il Partito senza disporre diun’organizzazione ben strutturata e disciplinata che ne prepari effettivamente la sua costituzione, stringendo legami sempre più stretti con la classe operaia. Un’organizzazione capace di elaborare un progetto di programma che, sulla base dell’analisi di classe, delle condizioni del movimento della classe operaia e dei settori popolari, definisca con chiarezza il carattere della rivoluzione in Italia, i suoi obiettivi e i compiti principali, perché senza un proprio programma la classe dei proletari rimane subalterna ai programmi delle altre classi sociali.
Solo a condizione di disporre diun centro politico unito e attivoè possibile formare quadri proletari rivoluzionari, reclutare militanti e, attraverso la pratica rivoluzionaria, combinare il socialismo scientifico con il movimento della classe operaia, per avvicinare la formazione del suo partito indipendente e rivoluzionario.
Gennaio 2021
La Commissione politica di Coordinamento Comunista Lombardia, Coordinamento Comunista Toscano, Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia
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