Con l’emergenza corona virus ancora in corso, molti proletari si chiedono quale futuro ci aspetta? I mesi passati per molti sono stati pieni di difficoltà con tantissimi lavoratori in cassaintegrazione o gettati per strada a seguito della chiusura di imprese piccolo/medie per l’emergenza sanitaria.
Vediamo nel limite delle nostre capacità di esprimere alcune considerazioni. È indubbio che la crisi innescata dal Covid 19 si è inserita come un punteruolo in un sistema che già da decenni sta sempre più esprimendo chiaramente il marciume da cui è formato. Un bubbone fatto di crisi economica, sociale, politica, ambientale ed etica. Un sistema che per sopravvivere a sé stesso vuole trascinare l’umanità nella sua fossa.
Inoltre, dobbiamo tenere presente che oltre alla crisi attuale che distrugge molte forze produttive, vi è il progetto, da parte dei settori capitalistici di punta, di compiere un nuovo balzo tecnologico con la cosiddetta industria 4.0, che se da un lato dovrebbe permettere un aumento della produttività tramite l’intensificazione dello sfruttamento dei lavoratori, dall’altro con l’elevata meccanizzazione della produzione rischia di innescare un ulteriore aumento dei licenziamenti.
È questo il complesso puzzle che ci troviamo davanti e il tutto non fa presagire niente di buono.
Ma vediamo alcune parole di Bonomi presidente di Confindustria che a fine maggio affermava: “…in autunno molte imprese non riapriranno, altre dovranno ridimensionarsi. Non sappiamo cosa succederà domani, che ne sarà delle commesse, degli ordini, dei fornitori…”.
Sul blocco dei licenziamenti ecco le parole di Alessio Rossi, presidente di Confindustria Giovani: “È in corso un’aggressione verso le aziende”. Ed ancora: “La cassa integrazione è uno strumento necessario, ma non dimentichiamoci che è uno strumento rimpinguato dalle stesse aziende che vi partecipano con il 4% del monte salari. L’assurdità è che nelle prossime settimane assisteremo allo stop delle casse integrazioni, mentre il blocco dei licenziamenti continuerà fino al 17 agosto. Non tutti gli stabilimenti produttivi sono ripartiti, mancano le commesse: con questa imposizione si soffoca il tessuto imprenditoriale…”
Non facciamoci mancare le parole di Marco Bonometti presidente della Confindustria lombarda sulla cassaintegrazione “È una misura tampone, con un enorme livello di disoccupazione che crescerà quando la cassa integrazione finirà e le aziende dovranno per forza di cose licenziare. Dall’inizio dell’emergenza, abbiamo circa 400 mila disoccupati in più, non oso immaginare cosa succederà quando cadrà il divieto di licenziamenti. E la colpa non sarà delle imprese, ma del governo che non ha creato le condizioni per la ripresa.”
Riguardo queste ultime parole ricordiamo che il primo provvedimento significativo del governo è stato lo stanziamento di 400 miliardi di euro, per le imprese, mentre ai lavoratori sono destinate le briciole della cassaintegrazione con una perdita salariale che può arrivare al 37%.
Le parole di questi tre rappresentanti di Confindustria sono molto chiare ed indicano chiaramente che la soluzione dei padroni è sempre la stessa: scaricare sui lavoratori i costi della crisi, avviare licenziamenti di massa, spremere come limoni i lavoratori che rimarranno in produzione, ridurre i salari e cancellare i diritti, in primo luogo quello di sciopero.
Ad oggi il blocco dei licenziamenti è stato fissato fino al 17 agosto e nonostante le parole del governo Conte non è per nulla scontato che vi possa essere una proroga generalizzata, sia per le forti pressioni degli industriali, sia perché non è chiaro se vi siano i soldi per lo slittamento della cassaintegrazione.
La politica “tutto per il capitale” si sostanzia in centinaia di miliardi aiuti per le imprese, soprattutto per i monopoli, e centinaia di migliaia di licenziamenti per gli operai e gli altri lavoratori sfruttati, di tutte le categorie e le qualifiche.
Quindi per i proletari del nostro paese si prospetta un futuro a tinte fosche, mentre le classi sfruttatrici e proprietarie accrescono la loro ricchezza e mantengono tutti i loro privilegi; ricordiamo che ogni anno l’evasione fiscale borghese in Italia ammonta tra i 120 e i 200 miliardi di euro, le spese militari aumentano di oltre il 6% balzando ad oltre 26 miliardi l’anno, l’evasione del lavoro nero è di circa 42 miliardi e di 30 miliardi il costo degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali.
Come abbiamo visto centinaia di miliardi da parte del governo per le imprese e gli spiccioli della cassaintegrazione per i lavoratori. Inoltre, dobbiamo sottolineare che questa pioggia di miliardi alle imprese da parte dello Stato sono attuati attraverso l’aumento dell’indebitamento pubblico; secondo alcuni economisti il rapporto debito/PIL nel 2020 potrebbe superare il 160% e come sempre gran parte di questo debito graverà sulle spalle dei lavoratori.
Concludendo, la crisi attuale, proseguendo e aggravando quella preesistente, ha reso evidente a tutti una serie di contraddizioni del sistema capitalista che la borghesia finora era riuscita in qualche modo a celare.
Viene messa in primo piano l’incapacità del capitalismo di risolvere i problemi della società e la sua predisposizione ad aggravarli sistematicamente. Per garantirsi i profitti, i capitalisti e i governi di servizio mettono in gioco la salute e la vita dei lavoratori; per impedire che si ribellino limitano i diritti e le libertà; per trovare nuove fonti di profitto privatizzano anche i servizi essenziali come la sanità, aumentando notevolmente le spese militari. Nel capitalismo non c’è più posto per la soddisfazione dei reali bisogni delle persone, rimane solo l’obiettivo del maggior profitto possibile per pochi.
Oggi ci troviamo davanti ad una crisi che come uno tsunami rischia di travolgere milioni di lavoratori; noi tutti abbiamo l’arduo compito di opporci, di organizzarci nei luoghi di lavoro, di creare vincoli di solidarietà per dar più forza alle tante battaglie che vi saranno contro la perdita del posto di lavoro.
È della massima importanza unire le resistenze, le manifestazioni, gli scioperi in un solo fronte di lotta basato sulle esigenze concrete, economiche e politiche dei proletari, diretto contro il capitale e i suoi governi, rifiutando l’idea che vi possano essere “comuni interessi nazionali” fra sfruttati e sfruttatori! Sono i padroni e i ricchi che devono pagare la crisi, non gli operai!
Occorre sviluppare la discussione all’interno del movimento operaio e sindacale sulla situazione che dovremo affrontare e sulla mobilitazione di massa che dovremo mettere in campo, sull’irrazionalità del sistema capitalista-imperialista e sulla necessità della rottura con questo sistema.
Per avanzare su questa strada gli operai avanzati devono adoperarsi in prima persona per formare l’Organizzazione comunista preparatoria di quel Partito indipendente e rivoluzionario del proletariato che possa dirigere la lotta verso una società più giusta, più equa, verso una società socialista. Oggi più che mai è vivo il motto “Socialismo o Barbarie!”.
f.i.p. 22/07/2020
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