
In Sudan – dove la maggior parte della popolazione vive in condizioni di povertà, con forti diseguaglianze sociali – si sta consumando l’ennesima guerra di potere osservata, ovviamente con interesse, dalle potenze regionali, da Cina, Russia e Stati Uniti mentre l’ONU e Unione Europea sono totalmente assenti.
La Repubblica del Sudan è uno Stato arabo-africano che confina con l’Egitto, il mar Rosso, l’Eritrea, l’Etiopia, con il Sudan del Sud (falso Stato senza un governo legittimo, ma che possiede il 75% dei giacimenti)), la Repubblica Centrafricana, il Ciad e con la Libia, ed è particolarmente ricco di risorse naturali, da pascolo ed idriche (circa 300 milioni di ettari di terreno irrigato naturalmente, o dalle acque del Nilo).
Attualmente in Sudan – paese di una permanente instabilità da 40 anni di guerra civile – è in atto un violento scontro militare tra l’esercito regolare e i paramilitari delle Rapid support forces (RSF), ed è anche il risultato della deviazione delle forze militari e civili che hanno assunto la guida e il governo del Paese nell’aprile 2019. Una lotta per il potere e la ricchezza del Paese, incoraggiata da alcune potenze straniere tra cui le potenze imperialiste e i regimi reazionari arabi, e portata avanti da gruppi armati asserviti a queste potenze straniere schiacciando le aspirazioni del popolo sudanese alla libertà, alla pace, alla giustizia sociale e ad un cambiamento sostanziale.
Gli Stati Uniti sono di nuovo presenti dopo che nel 1991 inserirono il Paese tra i sostenitori del terrorismo a causa dell’ospitalità data da Kartoum a Osama bin Landen quando lasciò l’Arabia Saudita ora, per la sua centralità per il terrorismo e le migrazioni, fa comodo agli Usa e anche ai Paesi del Golfo.
Il Partito Comunista Sudanese, insieme con varie forze democratiche, si batte per l’immediato cessate il fuoco, per il ritiro degli eserciti e delle milizie dalle città e dalle campagne, per l’urgente assistenza umanitaria alla popolazione civile sotto la supervisione delle Nazioni Unite e per il ripristino della pace, della sicurezza e della stabilità.
E invita i popoli, le forze democratiche e comuniste nel mondo a solidarizzare con la lotta del popolo sudanese e a respingere le forze ostili alla “gloriosa Rivoluzione di dicembre”. Che, cominciata il 19 dicembre 2018 da Kartoum, si è sviluppata in tutto il Paese fino all’aprile 2019 quando Omar al Bashir se n’è andato. Il malcontento per i tagli ai sussidi del pane – il cui prezzo è passato da mezza sterlina a tre sterline -, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, del trasporto pubblico, le scelte dell’amministrazione di spendere il 75% del bilancio per la difesa e l’aumento della disoccupazione al 20% hanno acceso le proteste soprattutto nella città di Atbara dove la maggior parte degli abitanti, che lavorano per la Railway corporation, sono molto impegnati nel movimento sindacale Tailway Workers Union tra i fautori della caduta del regime militare nel 1964-1965. In questa lotta è fondamentale la componente femminile organizzata nel Civil women group che richiama le donne in piazza con lo Zagrouda (il canto delle donne) per il rifiuto della legge islamica in vigore dal 1983 e inasprita da al-Bashir.