
È partita già dalla fine dello scorso anno la mobilitazione di rifiuto della legge sull’aumento dell’età pensionabile a 64 anni che il Governo francese intende approvare a causa dell’invecchiamento della popolazione. Il disegno di legge sulla riforma delle pensioni, particolarmente ingiusta per le donne, era stato presentato dopo settimane di trattative tra governo e sindacati che prevede l’anticipazione dal 2035 al 2027 della cosiddetta legge “Touraine”, che aumenta di un anno il periodo per cui è necessario versare contributi per andare in pensione, e l’abolizione di alcuni regimi pensionistici speciali, oltre a una serie di altre misure.
Macron aveva già provato a cambiare il sistema pensionistico nel 2019 e non è il primo presidente francese che vuol mettere le mani sui 42 regimi pensionistici basati su notevoli differenze nelle agevolazioni e nei trattamenti delle singole categorie, costato nel 2020 l’equivalente del 13,6% del Pil, in proporzione meno di quello italiano che è il 15,6.
Come in Italia tutte le giustificazioni per far fronte alle pensioni si fanno ripagare sugli stessi lavoratori, in piena sintonia con le imposizioni della UE.
Dopo il successo delle manifestazioni di febbraio, e della sesta giornata di sciopero che ha visto l’arresto di 11 manifestanti quando sono scesi in piazza solo a Parigi 700mila lavoratori e altre decine di migliaia in almeno 300 città, sabato 11 la piazza di Parigi ha raggiunto un milione al quale si aggiungono le centinaia di manifestazioni nelle altre città francesi.
Sono giornate nere per i trasporti ferroviari, aereo e locale, uno dei settori più colpiti, per gli impianti energetici, le scuole, scioperi con il blocco delle spedizioni all’uscita di tutte le raffinerie. La lotta si è allargata contro l’erosione di tutte le conquiste sociali anche se – a causa della frantumazione dei comunisti e del “riformismo” della maggiore confederazione sindacale (comunque non paragonabile a quella italiana) che parla di redistribuzione del capitale – quella lotta di classe necessaria per abbattere il capitalismo e costruire il socialismo è ben lontana. Sono comunque proteste che esprimono il malcontento contro le scelte governative mettendo in ginocchio l’economia.
Molto simile però all’esplosione del fenomeno passato alla storia come Maggio francese, anche se negli Stati Uniti si era già sviluppato negli anni ’60 un movimento contro la guerra e la segregazione razziale, quando si svilupparono una serie di scioperi studenteschi in numerose università ed istituti di Parigi contro il progetto di riforma scolastica Fouchet, fortemente classista. Mobilitazioni e scioperi che si unirono alle lotte operaie, seguite da violenti scontri con le forze dell’ordine, lotte osteggiate dal sindacato e che sfociarono nell’occupazione della Renault di Sochaux dove, durante lo sgombero morirono due operai, e che in seguito si propagarono praticamente in tutto il mondo.
Per il momento la riforma è passata al Senato il 9 marzo con 201 voti a favore e 115 contrari, ma la lotta non si ferma.