riceviamo e pubblichiamo
Giovedì 6 ottobre, dalle ore 10.00 alle ore 12.00, si è svolta l’assemblea ai cancelli della Sanac di Massa. Al presidio e all’assemblea, presenti circa 35 operai Sanac, alcuni sindacalisti ed Rsu, e alcuni compagni/e. In tutto una cinquantina di partecipanti. Considerando che gli operai della Sanac di Massa sono 110 e che alcuni erano in fabbrica perché non colpiti dalla cassa integrazione, all’assemblea era presente un terzo della forza-lavoro.
I delegati Rsu sono 4. Il Ccnl dei chimici ne prevede 3 fino a 100 dipendenti, poi scatta la 4^ Rsu. La Sanac di Massa è uno dei 4 stabilimenti del gruppo che, nell’insieme, conta poco meno di 400 dipendenti. Quello di Massa è il più numeroso. Il rapporto tra operai e impiegati alla Sanac di Massa è di 1 a 4, circa il 20% sono impiegati.
Per 5 giorni, dal 3 al 7 ottobre, la produzione si è fermata. In fabbrica sono rimasti una quindicina di lavoratori, tutti gli altri in cassa integrazione. “L’azienda che produce refrattari non ha acquirenti e la liquidità è risicata: aspetta milioni di € da ‘Acciaierie d’Italia’, società partecipata dallo Stato, che da Sanac acquista refrattari per l’impianto ex Ilva” (così riporta ‘Il Tirreno’, cronaca locale, del 30 settembre).
La Sanac è un’azienda chimica che produce all’80% del prodotto per un’azienda metalmeccanica, l’ex Ilva di Taranto (oggi ‘Acciaierie d’Italia’).
Dall’assemblea di giovedì i sindacalisti hanno annunciato, in seduta stante: – che è stata bandita una nuova gara per l’acquisizione di Sanac (fotocopia della precedente conclusasi con un nulla di fatto); – una manifestazione territoriale a sostegno della vertenza e la loro presenza nel prossimo consiglio comunale.
La presenza di compagni/e a situazioni di questo tipo aiuta a comprendere meglio la realtà. La partecipazione è importante al fine di capire, imparare e mostrare l’interesse di classe a quanto si muove sul territorio, in particolare nel mondo del lavoro.
Cosa si può capire e le conferme da questa vicenda:
a) che compagni/e (comunisti, rivoluzionari, del movimento di classe … , troppo spesso sono esterni, per non dire estranei, a situazioni di questo tipo e che, dove possibile, debbono imparare a colmare il vuoto;
b) il sindacato, nelle sue rappresentante di categoria (in questo caso, Filctem-Cgil, Femca-Cisl, Uiltec-Uil), ha il compito, oltre che il dovere, di: istituzionalizzare la vertenza, compatibilizzare la ‘lotta’, ricercare soluzioni al ribasso;
c) buona parte degli operai, nella difficoltà a esprimersi, delega un operaio (meno pauroso e timoroso nei confronti dei sindacalisti) a manifestare sottovoce il malumore nella conduzione della vertenza nel senso di auspicare, augurarsi, una possibile soluzione a partire solo dal proprio stabilimento, nello specifico quello di di Massa. Una tendenza del ‘si salvi chi può’, che relega una eventuale ‘mobilitazione’ alla propria situazione, all’insegna del ‘vita mia morte tua’. Una sorta di corporativizzazione della classe che tende e intende salvarsi da sola…
Un gruppo di operai avverte ‘utilisticamente’ e praticamente che il loro stabilimento può salvarsi a discapito degli altri; pertanto, compete a chi di dovere (tra cui anche noi) dimostrare concretamente che l’unità fa la forza e che da solo nessuno si salva.
Il buon e bravo delegato Rsu si colloca nel mezzo tra queste due tendenze: da una parte rivendica l’unità di tutti i lavoratori del gruppo Sanac, l’unità con altre vertenze, con altri lavoratori/trici, in modo e forma general/generica, dall’altra invoca una lotta senza spiegare quale lotta necessita per l’unità e per l’obiettivo collettivo: la difesa del posto di lavoro, del salario, della dignità.
Una realtà che impone comprensione, disponibilità e capacità a tessere rapporti e relazioni, proprio nella classe operaia e nel movimento dei lavoratori aggredito sul diritto irrinunciabile e ineludibile: il lavoro.
Lavoro che, in qualche misura e forma, costringe gli operai a “movimentarsi” e ad assumere l’iniziativa.
Informazioni e riflessioni di un compagno di ULPC presente all’assemblea
