Le chiamano morti bianche, in realtà sono assassini che ogni giorno si aggiungono alla già lunga lista delle morti sul posto di lavoro.
In questi giorni un operaio di circa 50 anni ha perso la vita a Nova Siri in provincia di Matera in seguito ad una caduta da un’impalcatura. Un altro edile ha perso la vita precipitando a terra mentre stava costruendo un muretto a Brenzone del Garda, in provincia di Verona. Un agricoltore di 26 anni è morto ieri dopo essere stato schiacciato dal trattore che stava guidando Un altro operaio, deceduto dopo essere stato travolto da una matassa di ferro che stava scaricando da un camion in un’azienda a Legnago. Nel veronese si tratta della terza vittima in 24 ore.
Si aggiunge alla drammatica lista un operaio 58enne, travolto da un treno in transito sulla tratta Roma-Firenze a Città della Pieve (Perugia). E, in barba alle discussioni sul livello dell’età pensionabile in Italia, un’altra delle tante vittime è un uomo di 72 anni originario di Avetrana (Taranto), deceduto dopo essere caduto da un’impalcatura di 5 metri durante i lavori di ristrutturazione di uno stabile a Lecce, mentre insieme ad altri operai era impegnato ad installare un montacarichi. La domanda sul perché a quell’età fosse ancora costretto a lavorare è lecita.
Ma questa settimana (tra il 19 e il 23 giugno) si conta anche un numero importante di lavoratori feriti: a Livorno un operaio di 35 anni è rimasto ferito in un cantiere nautico, mentre alla Bracco Imaging di Cesano Maderno, in Brianza, due persone sono rimaste ustionate gravemente da un getto di iodio vaporizzato.
I lavoratori che nel luogo di lavoro hanno perso la vita: ben 189,5 in più. Di queste, 51 sono avvenute durante il tragitto tra casa e il lavoro.
Il lavoro non cresce ma aumentano gli infortuni. Fatti che cozzano con le lacrime di coccodrillo dei rappresentanti delle istituzioni (a partire dal Presidente della Repubblica) e con la propaganda retorica e piangente di politici e sindacalisti concertativi e che confermano il problema irrisolto della sicurezza.
Nel primo trimestre del 2022 gli infortuni sul lavoro – i dati sono dell’Inail – fanno segnare numeri impressionanti: 254.493 (+48,1% rispetto allo stesso periodo del 2021), 261 delle quali con esito mortale, ovvero -14,7% rispetto all’anno prima. In questi dati rientrano anche i numeri relativi ai contagi da Covid 19 nei luoghi di lavoro. Dice infatti l’Inail che le denunce per infezioni professionali nei primi tre mesi del 2022 sono state tanto quanto quelle segnate nell’intero 2021, quando si lavorava in smart working o si usavano le mascherine. Grave è anche il dato sulle patologie di origine professionale denunciate: 19.287, con un aumento del 3,5%. In ogni caso, i dati, spiega l’Inail, sono parziali e “vanno presi con le dovute cautele”.
Incidenti, morti, malattie professionali non sono una fatalità ma il risultato della continua ricerca del massimo profitto dei capitalisti voraci. La sicurezza sul posto di lavoro deve essere anche dalla partecipazione attiva della classe lavoratrice.